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Argomento:
Traumatologia sportiva
Data:
2003
Testata:

Il Nuovo Calcio. 126:122-124, 2003

 
La fascite plantare
di Gian Nicola Bisciotti

Che tipo di danno è?

Il piede ha la funzione di sostenere e di distribuire il peso del corpo durante la marcia, la corsa, i salti e proprio in questi ultimi due casi si trova costretto a sopportare delle fortissime sollecitazioni funzionali. Per questo motivo, soprattutto nell’atleta di alcune ben particolari discipline sportive, le patologie a carcio del piede sono numerose e di svariata eziologia. Con il termine fascite s’intende l’infiammazione di una fascia anatomica, nel caso specifico della la fascite plantare si fa riferimento ad un processo infiammatorio del cosiddetto "legamento arcuato" altrimenti denominato "aponeurosi plantare", che è una fascia fibrosa che decorre in avanti dalla zona mediale del calcagno sino a fondersi con i legamenti che s’inseriscono sulle dita (vedi figura 1). Vediamo di capire cosa avviene durante un movimento come la corsa od il salto a livello della pianta del piede: nel momento in cui il tallone viene staccato da terra, l’angolo tra le dita ed i metatarsi aumenta sino a raggiungere i 50-60° e l’aponeurosi plantare viene stirata (vedi figura 1, riquadro B), quanto maggiormente le dita vengono piegate, tanto più la fascia viene sollecitata in stiramento. Per renderci conto dell’entità del carico che la fascia plantare si trova a sopportare, basti pensare che durante il normale cammino ad ogni passo quest’ultima sopporta un carico pari a circa due volte il peso corporeo. Un’aponeurosi plantare eccessivamente tesa ed iper-sollecitata diviene quindi automaticamente il sito di una possibile lesione. Infatti, durante movimenti particolarmente violenti, come ad esempio la fase di stacco durante il salto, oppure in situazioni nelle quali venga fortemente aumentato il carico sulla pianta del piede, come ad esempio correndo velocemente in curva, si può verificare una rottura dell’aponeurosi plantare alla sua origine calcaneare o nei flessori brevi delle dita. Anche gli atleti che presentano un piede eccessivamente pronato sono maggiormente esposti ad incorrere in lesioni da sovraccarico a livello dell’aponeurosi plantare, come appunto la fascite plantare, in quanto l’eccessiva pronazione provoca una maggior tensione sull’aponeurosi plantare stessa. Non esiste invece un legame diretto tra fascite plantare e piede cavo o piatto. La fascite plantare si può manifestare a livello del calcagno, e viene in questo caso denominata fascite plantare prossimale, oppure a livello del mediopiede, in questo secondo caso viene denominata fascite plantare distale (per visualizzare la diversa dislocazione fare riferimento alla figura 2).

Figura 1: nel riquadro A è visibile il piede e l’apononeurosi plantare nel momento in cui il piede stesso è totalmente appoggiato a terra. Nel riquadro B si nota come l’aponeurosi plantare venga sottoposta ad uno stiramento nel momento in cui il tallone si stacca da terra. Il riquadro rosso indica la sede della possibile infiammazione che si trova all’origine dell’aponeurosi plantare sul calcagno. Infine nel riquadro C troviamo l’aponeurosi plantare vista inferiormente.

Figura 2: vista plantare del piede dove vengono evidenziate le zone dolorose della fascite plantare distale e prossimale oltre ad al tre patologie ricorrenti nel piede dello sportivo. 1) Fascite plantare distale 2) Fascite plantare prossimale 3) Sindrome dolorosa del cuscinetto adiposo del calcagno 4) Intrappolamento del nervo

 

Figura 3: versante plantare del piede e localizzazione delle zone dolorose relative alla fascite plantare prossimale e distale.

Come si manifesta?

La fascite plantare normalmente si manifesta in modo insidioso, all’inizio di un’attività come la corsa compare il dolore che tende a sparire con il protrarsi dell’esercizio stesso, a riposo normalmente il dolore scompare completamente. Normalmente l’atleta nello scendere dal letto alla mattina presenta una zoppia piuttosto dolorosa accompagnata da rigidità, che peraltro scompare dopo un breve riscaldamento. Normalmente si avverte dolore quando ci si porta sulla punta dei piedi e/ si cammina sui talloni. Il dolore viene descritto come di tipo "migratorio", ossia tende ad avere diverse dislocazioni. Inoltre solitamente la fascite plantare è associata ad una rigidità del tendine di Achille.

Come intervenire?

Fermo restando il fatto che la fascite plantare è solitamente una lesione a risoluzione spontanea, occorre comunque attenersi ai seguenti punti:

  • Durante la fase acuta applicare localmente del ghiaccio.
  • L’applicazione del caldo è generalmente sconsigliata in quanto quest’ultimo provoca una dilatazione del tessuto connettivo che può a sua volta esercitare una pressione sui nervi e acuire in tal modo la sintomatologia dolorosa. In qualsiasi caso all’applicazione del calore dovrebbe immediatamente seguire quella di ghiaccio.
  • Controllare che le calzature normalmente utilizzate durante l’attività sportiva non causino un aumento del carico sull’aponeurosi plantare, ossia controllare soprattutto che queste ultime non siano, né troppo rigide, né troppo morbide. Farsi eventualmente consigliare da uno specialista che, in base al "logorio" presentato dalla scarpa stessa, sarà in grado di identificare un’eventuale eccessiva pronazione.
  • Se il dolore durante la fase di carico è particolarmente intenso, non esitare ad utilizzare le stampelle.
  • Utilizzare nelle scarpe una "tallonetta" per meglio assorbire gli impatti durante la corsa.
  • Diminuire il carico di allenamento, evitare provvisoriamente la corsa che può essere sostituita temporaneamente con la bicicletta e/o il nuoto.
  • Effettuare dello stretching per l’aponeurosi plantare, il tendine di Achille e la muscolature del polpaccio, non solamente sull’arto leso ma, sotto forma preventiva, anche su quello sano.
  • Alcune volte vengono prescritti dei tutori notturni che hanno lo scopo di mantenere la fascia plantare in posizione allungata durante il riposo notturno, in modo tale da diminuire la sensazione di rigidità mattutina spesso presente.
  • Alcune terapie fisiche, spesso prescritte, come ad esempio la iontoforesi oppure il massaggio, possono essere inizialmente di qualche giovamento ma, a lungo termine, si rivelano solitamente inefficaci.

Quando si può ritornare all’attività sportiva?

Anche se ben trattata una lesione di una certa severità, che si presenti sotto forma cronica, richiede dei tempi di guarigione dell’ordine di circa 6 mesi. Purtroppo occorre ricordare che le ricadute sono piuttosto frequenti ed il problema può ripresentarsi dopo pochi mesi. Molte di queste ricadute sono comunque da imputarsi all’eccessiva smania dell’atleta nel ritornare in tempi troppo brevi all’attività sportiva, che spesso viene ripresa anche in presenza di una residua sintomatologia dolorosa. Questo costituisce un grave errore, che può comportare spiacevoli conseguenze, l’attività sportiva non dovrebbe assolutamente essere ripresa se non alla totale scomparsa del dolore onde evitare possibili e sgradevoli ricadute. Se nonostante un idoneo trattamento il problema persiste per oltre 6-12 mesi, si può decidere per il trattamento chirurgico che prevede l’utilizzo di diverse tecniche, tra le quali, quella normalmente più utilizzata, prevede la liberazione della fascia plantare dal suo inserimento sul calcagno tramite incisione chirurgica. In questo caso la ripresa dell’attività sportiva richiede tempi compresi tra i 2 ed i 3 mesi, anche se spesso questi ultimi si dilatano. Le complicazioni più frequenti sono costituite dal dolore persistente a livello dell’incisione o dalla lesione del nervo calcaneare mediale in seguito all’intervento. Il ricorso al trattamento chirurgico, comunque piuttosto raro, garantisce una percentuale di successo nel 75 — 80% dei casi.

Alcune esercitazioni da effettuare durante la fase riabilitativa.

Dorsiflessione assistita: seduti sul pavimento fate passare un asciugamano sotto la pianta del piede, tirate verso l’alto ed in avanti per effettuare un allungamento della fascia plantare, mantenere la posizione per circa 15-20 secondi, effettuare almeno 10 ripetizioni. L’esercizio dovrebbe essere eseguito, secondo le modalità sopra indicate, almeno per tre volte nell’arco della giornata.

Allungamento del tendine di Achille e della muscolatura del polpaccio: mettetevi di fronte ad una parete ed appoggiatevi a quest’ultima con entrambe le mani, piegate i gomiti sino a portare la fronte a contatto della parete avvertendo una sensazione di allungamento a carico della muscolatura del polpaccio. Mantenete la posizione per 10-15 secondi ed effettuate 15 — 20 ripetizioni intervallate da 10 secondi di recupero sulla stessa gamba, oppure alternate l’esercizio sulle due gambe.

Toe raises doppio: appoggiate entrambi gli avampiedi sopra un gradino od un qualsiasi tipo di rialzo schiacciate verso il basso con le dita dei piedi ed alzate i talloni. Mantenete questa posizione per 10 — 15 secondi, rilassatevi per 10 secondi ed effettuate dalle 15 alle 20 ripetizioni.

Toe raises singolo: come l’esercizio precedente ma effettuato alternativamente prima su di una gamba e poi sull’altra.

GLOSSARIO

Eziologia o etiologia: termine che indica la causa di una qualche malattia.

Fascia: uno strato o una guaina connettivale a tessitura più o meno compatta, localizzata nel sottocutaneo, dove investe e separa muscoli o altri organi. In genere vi si riconoscono due strati: uno più superficiale e uno più profondo (aponeurosi).

Lesione a risoluzione spontanea: lesione che regredisce spontaneamente.

Cronica: una malattia viene definita cronica quando è caratterizzata da un esordio lento e da un decorso prolungato.

 

 

   
                     
                     
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