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Argomento:
Metodologia dell'allenamento
Data:
2002
Testata:
Il Nuovo Calcio. 114:110-114,2002
 

Utilizziamo bene l’intermittente
di Gian Nicola
Bisciotti

Anche se probabilmente tutti conoscono le basi teoriche e pratiche della modalità di corsa definita "intermittente", credo che sia comunque utile, ai fini dello scopo che si prefigge questo breve e sintetico articolo, chiarirne comunque i punti principali.

L’intermittente, portato in auge Gaçon e poi adottato nell’ambito del mondo calcistico da Cometti, al quale va l’indubbio merito di avere introdotto in quest’ambito alcune varianti molto interessanti, come "l’intermittente forza", è sostanzialmente un tipo di corsa che prevede delle variazioni di velocità a periodi ben definiti. Gli intermittenti che potremmo definire come "classici" sono il 10’’-10’’, il 20’’-20’’ ed il 30’’-30’’, da qui tutte le innumerevoli varianti a discrezione della fantasia e delle esigenze del preparatore. In particolare nel calcio vengono ritenute più attinenti alla realtà di gioco le seguenti varianti: il 15-15, il 20-20, il 10-20 ed il 15-30 (Cometti, 1995) Sostanzialmente si tratta quindi di effettuare un periodo di corsa ad alta intensità, superiore alla Velocità Aerobica Massimale (VAM), seguito da un successivo periodo in cui la velocità di corsa è ridotta generalmente ad un ritmo pari a circa il 60-65% della VAM, denominata Velocità di Recupero Attivo (VRA). Quali sono i vantaggi dell’intermittente? Principalmente durante la modalità di corsa intermittente, soprattutto se svolta ad alta intensità, la frequenza cardiaca aumenta in modo repentino durante la fase di sforzo intenso e non riesce a stabilizzarsi durante la breve pausa di lavoro svolto a bassa intensità, raggiungendo in tal modo una sorta di plateau. Per questo motivo l’intermittente svolto ad alta intensità aumenta il VO2max, (che molto semplicisticamente possiamo definire come la "cilindrata" del nostro motore aerobico") e quindi la potenza aerobica in modo più cospicuo di quanto non si riesca a fare con il lavoro continuo( Gorostiaga e coll., 1991).

Inoltre l’intermittente, rispetto al lavoro continuo, permette di trascorrere un tempo maggiore a VO2max, in parole povere ci permette di mantenere per un tempo maggiore il nostro "motore aerobico" al massimo dei giri (Billat e coll., 2000). Secondo altri Autori inoltre l’intermittente, non solo, si rivelerebbe un ottima metodica rivolta all’aumento della potenza aerobica, ma aumenterebbe anche la performance di corta durata svolta ad alta intensità, da questo possiamo ovviamente dedurre il suo interesse come metodica di lavoro per l’aumento della resistenza specifica nel calcio (Gaiga e Docherty, 1995). Ma anche da un punto di vista prettamente muscolare, questo tipo di lavoro presenta un indubbio interesse. Il recupero muscolare, seppur incompleto, che si verifica durante la fase di corsa svolta a VAR, ossia a bassa intensità, permette alle fibre a contrazione rapida ,un parziale recupero, mettendole quindi in grado di svolgere, durante la successiva fase di alta intensità, un lavoro qualitativamente migliore (Cometti, 1995). Tutti questi motivi, sia di ordine centrale (ossia legati all’aspetto della resistenza organica ), che periferico (ossia riguardante la resistenza muscolare specifica ), rendono l’intermittente un lavoro molto interessante e soprattutto altamente specifico nell’ambito della preparazione atletica del calcio.

Tuttavia a mio parere vi sono ancora alcuni "buchi neri" nell’interpretazione di questo tipo di lavoro. In primo luogo l’intermittente è un lavoro lattacido o sostanzialmente aerobico? Alcuni Autori (Colli, 1997) sostenevano la scarsa produzione di lattato (4-6 mmol . l-1) dovuta alla fase di lavoro relativamente corta, durante questi tipi di lavoro. Il fatto stesso che l’intermittente, se svolto ad un intensità corretta, permetta di svolgere globalmente una grossa mole di lavoro ad intensità pari al VO2max o superiore, smentirebbe già questa ipotesi, ma il problema direi è piuttosto un altro vediamo di sviscerarlo in modo semplice ma corretto. Cosa significa svolgere un lavoro aerobico, quindi al di sotto della fatidica soglia anaerobica, oppure sopra soglia e quindi lattacido? Tutti siamo abituati a considerare il valore di produzione di lattato di 4. mmol .l-1come il "punto di non ritorno", al di là del quale si scivola inesorabilmente verso il meccanismo anaerobico lattacido. In realtà questo principio non è del tutto esatto, sarebbe più corretto dire che siamo in regime aerobico sino a quando la quota di lattato prodotta rimane in equilibrio con quella di lattato smaltita, indipendentemente dal suo valore assoluto. Proviamo a fere un esempio pratico: un atleta comincia una seduta di corsa condotta a ritmo uniforme, dopo circa 3-4 minuti (il tempo circa necessario alla "messa in moto" del suo sistema aerobico), la sua produzione di lattato è pari a 5 mmol . l-1 . Potremmo a questo punto dire che sta svolgendo un lavoro anaerobico lattacido. Ma se alla fine della sessione di lavoro la sua produzione di lattato è rimasta sempre stabile a 5 mmol . l-1 , ci troviamo di fronte ad una situazione che rispecchia appieno il concetto prima espresso, ossia che quando la produzione di lattato rimane stabile (il lattato prodotto è in equilibrio con quello smaltito), il lavoro viene svolto essenzialmente grazie al meccanismo aerobico. Al contrario se il nostro atleta alla fine della sua sessione di lavoro farà registrare una produzione di lattato pari a 7 mmol . l-1 contro le 5 mmol . l-1 iniziali, potremmo dire che il lavoro si è svolto in regime anaerobico lattacido, dato che la produzione di lattato non è stata controbilanciata dal suo smaltimento ma si è andati via via incontro ad uno stato di progressivo accumulo. Per essere ancora più precisi esiste a proposito di questo concetto un "range di tolleranza" di 1 mmol . l-1; possiamo quindi dire di essere ancora in regime aerobico quando tra la produzione di lattato registrata all’inizio dell’esercitazione e quella riscontrata alla fine della stessa, la differenza non eccede appunto il valore di 1 mmol . l-1 (Heck e coll., 1984).

Un altro aspetto mi lascia perplesso per ciò che concerne l’intermittente: molto spesso, anzi dire troppo spesso, si sente parlare di intermittente svolto alla massima intensità, ma cosa significa dire massima intensità e poi non quantificarla? Direi niente, anzi si genera solamente confusione nell’interpretazione di quello che fisiologicamente avviene attraverso questo tipo di lavoro. Credo che basti un attimo di riflessione per capire che svolgere un 15’’-20’’ durante il quale il lavoro ad alta intensità svolto durante i 15’’ equivalga ad una corsa pari al 100% della VAM, comporti degli adattamenti fisiologici probabilmente molto diversi rispetto ad un lavoro durante il quale i 15’’ vengano effettuati al 130% della VAM. Allora è giusto, come si suol dire, "fare di tutte le erbe un fascio"? direi di no, occorre in primo luogo quantificare l’intensità del lavoro svolto, ad esempio in funzione della VAM, e secondariamente conoscere i diversi impatti fisiologici che le diverse intensità di lavoro comportano.

E sono appunto queste le domande che mi sono posto prima di cominciare il lavoro di ricerca di cui ora commenteremo i risultati: sino a quale intensità di lavoro l’intermittente è considerabile come essenzialmente aerobico? Da quale intensità in poi si sconfina nell’ambito anaerobico lattacido? Ed ancora, sempre nell’ambito del lavoro intermittente, a diverse intensità di lavoro, corrispondono diversi tipi di adattamento fisiologico?

Per poter dare una risposta a queste domande abbiamo chiesto a 10 calciatori di effettuare tre diversi tipi di intermittente: 10’’-10’’, 20’’-20’’ e 30’’-30’’, a diverse intensità di lavoro, parametrizzate sulla loro VAM, precedentemente determinata attraverso un test specifico. Le intensità adottate erano pari al 100, 105, 110 e 115% della VAM stessa. Il tempo totale di lavoro era complessivamente di 12 minuti nel caso della intensità del 100, 105 e 110 % e solamente di 8 minuti (considerata l’alta intensità di lavoro) per l’esercitazione svolta al 115% della VAM. Veniva prelevato un campione di sangue e determinata la concentrazione di lattato a metà ed alla fine di ogni esercitazione. Abbiamo quindi ritenuta valida l’ipotesi secondo la quale se la differenza di lattato prodotto non eccedeva 1 mmol . l-1 il lavoro veniva considerato aerobico, in caso contrario l’esercitazione poteva essere ritenuta lattacida.

Osservate i risultati che abbiamo ottenuto:

INTENSITA’: 100% VAM

Modalità

Prelievo 4° minuto (mmol . l-1)

Prelievo 8° minuto (mmol . l-1)

Differenza (mmol . l-1)

10’’-10’’

4.94 ± 0.39

5.33 ± 0.33

0.39

20’’-20’’

5.02 ± 0.36

5.43 ± 0.29

0.41

30’’-30’’

5.24 ± 0.38

5.69 ± 0.35

0.45

 

INTENSITA’: 105% VAM

Modalità

Prelievo 4° minuto (mmol . l-1)

Prelievo 8° minuto (mmol . l-1)

Differenza (mmol . l-1)

10’’-10’’

5.70 ± 0.51

7.48 ± 1.06

1.78

20’’-20’’

6.02 ± 0.50

7.82 ± 1.03

1.8

30’’-30’’

6.26 ± 0.61

8.14 ± 1.06

1.9

 

INTENSITA’: 110% VAM

Modalità

Prelievo 4° minuto (mmol . l-1)

Prelievo 8° minuto (mmol . l-1)

Differenza (mmol . l-1)

10’’-10’’

5.71 ± 0.33

7.70 ± 0.40

1.99

20’’-20’’

6.20 ± 0.89

9.20 ± 0.77

3.0

30’’-30’’

7.37 ± 0.51

11.4 ± 0.80

4.03

 

INTENSITA’: 115% VAM

Modalità

Prelievo 4° minuto (mmol . l-1)

Prelievo 8° minuto (mmol . l-1)

Differenza (mmol . l-1)

10’’-10’’

5.73 ± 0.35

8.20 ± 0.60

2.5

20’’-20’’

6.44 ± 0.89

10.52 ± 0.77

4.1

30’’-30’’

8.64 ± 0.49

13.16 ± 1.43

4.5

       

 

Come possiamo facilmente osservare i dati sono molto coerenti: maggiore è la velocità di percorrenza, più massiccia diviene la produzione di lattato e maggiormente aumenta la differenza tra il lattato prodotto durante la prima parte dell’esercitazione e quello riscontrabile alla fine. Quindi possiamo già fare due prime importanti considerazioni:

  • La produzione di lattato durante l’esercizio intermittente effettuato ad alta intensità (soprattutto dal 105 % della VAM in poi) comporta una forte produzione di lattato che va ben al di la di quella ipotizzata da altri studi precedenti.
  • Utilizzare diverse intensità di corsa comporta diversi "impatti fsiologici", in altre parole i meccanismi energetici che vengono sollecitati effettuando un intermittente 10"-10" al 100% della VAM non sono certamente gli stessi che vengono chiamati in causa durante un 10"-10" svolto al 115 % della VAM.

Se osserviamo più attentamente I valori riportati nelle varie tabelle, possiamo notare come la differenza tra il lattato prodotto sino a metà dell’esercizio e quello registrato alla fine dello stesso, sia inferiore ad 1 mmol . l-1 per tutte le intensità di corsa considerate quando l’intensità è pari al 100 % della VAM, la differenza poi sale mediamente a quasi a 2 mmol . l-1 ( 1.82 ± 0.06) quando l’intensità dell’esercizio passa al 105 % della VAM, per poi salire ulteriormente a praticamente 3 mmol . l-1 ( 2.99 ± 1) nel caso di VAM pari al 110 % , per attestarsi infine a circa 4 mmol . l-1 (3.7 ± 1) durante l’ultimo tipo di esercitazione effettuata, ossia ad un’intensità pari al 115% della VAM.

Siccome siamo tutti "uomini da campo" ed i dati di una ricerca, nell’ambito della Scienza dello Sport, devono essenzialmente servire al miglioramento dell’allenamento, pena la parziale inutilità delle ricerca stessa, proviamo ad interpretare i dati che abbiamo appena esaminato in funzione della seguente tabella.

Differenza di produzione di lattato (metà esercizio/fine esercizio)

Classificazione dell’esercitazione

Minore di 1 mmol . l-1

Aerobica

Da 1 a 2 mmol . l-1

Blandamente anaerobica lattacida

Tra 2 e 3 mmol . l-1

Anaerobica lattacida

Maggiore di 3 mmol . l-1

Fortemente anaerobica lattacida

Se adottiamo questo criterio di classificazione dei meccanismi fisiologici, e quindi dell’ "impatto allenante" dei vari tipi di corsa frazionata considerati , possiamo ritenere che quando la differenza di produzione di lattato tra la metà e la fine dell’esercizio, risulta minore di 1 mmol . l-1, l’esercitazione possa ritenersi come un mezzo di allenamento che solleciti prevalentemente il meccanismo aerobico. Se la differenza è compresa tra 1 e 2 mmol . l-1 , l’esercizio può essere considerato come un mezzo che sollecita blandamente il meccanismo anaerobico lattacido. Una differenza compresa tra 2 e 3 mmol . l-1 comporta una piena sollecitazione del meccanismo anaerobico lattacido, mentre nel caso in cui questa fosse maggiore di 3 mmol . l-1 il lavoro assumerebbe delle forti connotazioni lattacide.

In base a questo criterio classificativi, possiamo quindi riconsiderare sotto un’ottica di utilizzo pratico da campo le diverse modalità di corsa frazionata studiate, avendo la possibilità di tener soprattutto conto del meccanismo energetico principalmente sollecitato durante le stesse e quindi del loro diverso effetto allenante.

INTENSITA’: 100% VAM

Modalità

Classificazione dell’esercitazione

10’’-10’’

Aerobica

20’’-20’’

Aerobica

30’’-30’’

Aerobica

 

INTENSITA’: 105% VAM

Modalità

Classificazione dell’esercitazione

10’’-10’’

Blandamente anaerobica lattacida

20’’-20’’

Blandamente anaerobica lattacida

30’’-30’’

Blandamente anaerobica lattacida

 

INTENSITA’: 110% VAM

Modalità

Classificazione dell’esercitazione

10’’-10’’

Blandamente anaerobica lattacida

20’’-20’’

Anaerobica lattacida

30’’-30’’

Fortemente anaerobica lattacida

 

INTENSITA’: 115% VAM

Modalità

Classificazione dell’esercitazione

10’’-10’’

Anaerobica lattacida

20’’-20’’

Fortemente anaerobica lattacida

30’’-30’’

Fortemente anaerobica lattacida

 

Ad intensità pari al 100 % della VAM quindi tutti i tre tipi di modalità di frazionato effettuati sono da considerarsi come un mezzo di allenamento prettamente aerobico. Questo tipo di intensità si presta quindi particolarmente bene all’aumento della potenza aerobica di base, in regime di corsa specifica, ottimo ad esempio nel periodo di preparazione, dove si tratta di consolidare la potenza aerobica di base prime di passare a lavori di maggiore intensità.

Intensità pari al 105 % della VAM costituiscono se vogliamo una sorta di "trait d’union" tra le esercitazioni prettamente aerobiche e quelle che cominciano ad interessare, seppur blandamente, il meccanismo anaerobico lattacido.

Con intensità uguali al 110 % della VAM siamo in pieno regime anaerobico lattacido, soprattutto se utilizziamo tempi di lavoro piuttosto lunghi, 20’’-20’’ e 30’’-30’’ e quindi distanze relativamente elevate. Effettuare un 20’’-20’’ al 110% della VAM, per un atleta che abbia un valore di Velocità Aerobica Massimale uguale a 17 km/h, significa percorrere tratti di 104 metri. Queste esercitazioni quindi devono essere inserite in modo razionale nel piano di lavoro settimanale, e soprattutto non debbono essere collocate prima di una seduta anaerobica alattacida intensa (come ad esempio una seduta di lavoro per la velocità), pena un aumento del rischio di incidenti muscolari.

In ultimo intensità pari al 115 % della VAM comportano un elevata sollecitazione del meccanismo anaerobico lattacido, ragione per cui per questo tipo di lavoro valgono ancor di più le considerazioni fatte per il lavoro svolto ad intensità del 110%.

Ritorniamo quindi alle domande iniziali che ci siamo posti, per quello che riguarda la prima , " Sino a quale intensità di lavoro l’ intermittente è considerabile come essenzialmente aerobico?", ora conosciamo la risposta: il lavoro intermittente è considerabile come essenzialmente aerobico sino ad intensità pari al 100 % della VAM. Veniamo alla seconda domanda, "Da quale intensità in poi si sconfina nell’ambito anaerobico lattacido? ", possiamo ora rispondere che l’intensità "soglia" oltre la quale si verifica una sostanziale sollecitazione del meccanismo anaerobico lattacido è il 105 % della VAM. E per finire vediamo di rispondere alla terza, "A diverse intensità di lavoro, corrispondono diversi tipi di adattamento fisiologico?", la risposta ovviamente è si, come abbiamo avuto modo di vedere possiamo, variando i parametri d’intensità e di durata del lavoro, sollecitare in modo sostanzialmente diverso, sia il meccanismo aerobico che quello anaerobico lattacido.

Considerazione finale: mai fare di tutte le erbe un fascio!

Figura 1 : Il "principio della bilancia" può illustrare bene il concetto di soglia anaerobica che abbiamo appena esposto: quando, nel corso del lavoro stesso, si stabilisce un equilibrio tra il lattato prodotto e quello smaltito, il nostro organismo lavora essenzialmente in regime aerobico.

 

 

Per chi volesse saperne di più….

Bisciotti GN., Sagnol JM., Filaire E. Aspetti bioenergetici della corsa frazionata nel calcio. SdS. 50: 21-27, 2000.

Colli R. L’allenamento intermittente: istruzioni per l’uso. Coaching & Sport Science Journal. 2 (1): 29-34, 1997.

Cometti G. Calcio e potenziamento muscolare. Edizioni Calzetti e Mariucci, 1995.

Gorostiaga EM., Walter CB., Foster C. Hickson RC. Uniqueness of interval and continuos training at the same maintained exercise intensity. Eur J Appl Physiol Occup Physiol.63 (2) : 101-107, 1991.

Billat V., Slawinsky J. Bocquet V., Demarle A., Lafitte L., Chassaing P., Koralsztein JP. Intermittent runs at the velocity associated with maximal oxygen uptake enables subjects to remain at maximal oxygen uptake for a longer time than intense but submaximals run. Eur J Appl Physiol. Feb ; 81 (13) : 188-196, 2000.

Gaiga MC., Docherty D. The effect of an aerobic interval training program on intermittent anaerobic performance. Can J Appl Physiol. Dec; 20 (4): 452-464, 1995.

Heck H., Mader A., Hess G., Mucke S., Muller R., Hollmann W. Justification of the 4 mmol/l lactate threshold. Int J Sports med. Jun; 6(3) 117-130, 1984.

   
                     
                     
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