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Argomento:
Traumatologia sportiva
Data:
2002
Testata:
Il Nuovo Calcio. 116: 92-97, 2002
 

Il legamento crociato anteriore
di Gian Nicola Bisciotti

  • Che tipo di danno strutturale è?
  • Come si verifica il danno?
  • Quali sono i sintomi?
  • Come viene diagnosticata?
  • Come viene trattata?
  • Quanto può durare?
  • Quando si può ritornare all’attività sportiva?
  • Si può prevenire?
  • Quali esercizi eseguire nella fase riabilitativa?

Che tipo di danno strutturale è ?

Il legamento crociato anteriore (LCA) ha origine dalla zona pre-spinale del tratto tibiale e raggiunge , con un tragitto obliquo diretto verso l’alto, la zona più alta e posteriore della faccia mediale e del condilo laterale del femore. Da un punto di vista anatomico è costituito da due fasci: il fascio antero- mediale, che risulta maggiormente lungo e voluminoso ed è a stretto contatto con il legamento crociato posteriore (LCP), ed il fascio postero-laterale, di dimensioni minori e che risulta quasi completamente coperto dal fascio antero-mediale. Dal punto di vista funzionale i due fasci hanno un comportamento diverso, il fascio antero-mediale infatti, a ginocchio flesso, sopporterebbe la maggior parte del carico sui tre piani spaziali. Per ben capire la funzione del LCA occorre descrivere brevemente il meccanismo di base intercorrente tra la tibia ed il femore. Il movimento tra tibia e femore è una combinazione di rotolamento e scivolamento, e risulta un meccanismo piuttosto complesso che viene appunto realizzato grazie alla presenza del LCA e del LCP. Durante la flessione del ginocchio è il LCA che determina il passaggio dal meccanismo di rotolamento a quello di scivolamento, mentre nella fase di estensione è il LCP che determina la cinematica inversa. Se, semplificando molto da un punto di vista biomeccanica l’analisi del movimento del ginocchio, consideriamo solamente il meccanismo della flesso-estensione sul piano sagittale (in realtà il movimento è di tipo tridimensionale e contestualmente al movimento di flesso-estensione si verificano dei movimenti di rotazione), durante la flessione si verifica una intrarotazione della tibia, mentre durante l’estensione la tibia viene extraruotata ( Kapandji, 1983).Se consideriamo il femore fisso e la tibia mobile (ossia una catena cinetica aperta), durante la flessione, che viene determinata dalla contrazione degli ischio-crurali, avremmo un impegno del LCP, mentre durante l’estensione, provocata dalla contrazione del quadricipite, il lavoro sarà a carico del LCA. Se al contrario consideriamo la tibia fissa ed il femore mobile, come nel caso di appoggio del piede al suolo (catena cinetica chiusa) il quadricipite sarà attivo, sia durante l’estensione (attivazione concentrica), che durante la flessione (attivazione eccentrica) e l’impegno del LCA risulterà continuo. Fa eccezione a questa regola il caso in cui il quadricipite sia attivato a ginocchio flesso, in questo caso la tibia viene spinta posteriormente e le sollecitazioni sul LCA diminuiscono. Per cui, sul piano sagittale, il LCA ed il LCP stabilizzano l’articolazione del ginocchio in senso antero-posteriore, in particolare il LCA si oppone alle eccessive traslazioni anteriori della tibia e sulle trazioni posteriori del femore sulla tibia quando quest’ultima risulti fissa, mentre il LCP contiene le eccessive traslazioni posteriori della tibia rispetto al femore.


Figura 1: L’insieme delle strutture legamentose che costituisce il cosiddetto pivot centrale.1) Legamento crociato anteriore. 2) Legamento crociato posteriore. 3) Legamento collaterale mediale. 4) legamento collaterale laterale.

Come si verifica il danno?

Il danno strutturale del LCA non è necessariamente correlata alla pratica dell’attività sportiva, possono infatti incorrere in questa patologia individui di ogni età anche non praticanti alcuna forma di attività sportiva e ricreativa, anche se ovviamente la maggior percentuale d’insorgenza lesiva risulta correlata all’attività fisica, oltre il 60% delle lesioni acute del LCA è in effetti da mettersi in relazione alla pratica sportiva, inoltre è da considerarsi che nelle lesioni acute del ginocchio che evidenzino un subitaneo emartro (raccolta di sangue entro la cavità articolare), il LCA è coinvolto nel 72% dei casi (Noyes e coll., 1980). Gli sport maggiormente a rischio sono il calcio, lo sci, la pallavolo ed il basket. Nello sci ad esempio le fratture della tibia e le distorsioni di caviglia sono diminuite del 90% mentre le distorsioni del ginocchio con interessamento dei legamenti sono passate dal 3% del 1982 al 29% del 1993 (Warme e coll, 1995). Questa diminuzione, sia dei danni distorsivi alla caviglia, che delle fratture tibiali, associata all’impennata della patologia legamentosa, sembrerebbe essere legata all’utilizzo dei nuovi materiali che si sono diffusi sul mercato. I meccanismi che risultano come frequenza maggiormente associati alla lesione totale o parziale del LCA sono:

  • L’extra-rotazione in valgo
  • La flessione del ginocchio associata all’intrarotazione
  • L’iperestensione associata all’intrarotazione

In questi casi il legamento può cedere istantaneamente, in meno di due centesimi di secondo circa, è quindi di fatto impossibile per l’atleta effettuare una risposta muscolare correttiva di tipo volontario che richiederebbe tempi maggiori di 200 millisecondi, questo come vedremo è un punto di focale importanza nel protocollo riabilitativo.

Quali sono i sintomi?

Al momento della lesione normalmente sono legate sensazioni specifiche da parte del paziente, come una sensazione di "schiocco" o di rottura all’interno dell’articolazione del ginocchio, associate ad un cedimento ed ad una difficoltà di deambulazione. E’ inoltre interessante notare come una recente ricerca abbia dimostrato che le lesioni al LCA nel calcio siano fortemente correlate a terreni molto asciutti (Orchard e coll., 2001). In una percentuale, peraltro molto bassa, dei casi, è anche possibile, dopo un certo periodo dall’evento lesivo, ritornare all’attività sportiva, durante la quale peraltro l’atleta avverte una continua sensazione d’instabilità articolare.

Come viene diagnosticata?

La diagnosi del danno legamentoso avviene essenzialmente attraverso due tipi d’indagine: la valutazione clinica e l’indagine strumentale. Nella valutazione clinica l’operatore cerca di stabilire l’entità della lassità legamentosa, sia in senso anteriore-posteriore, attraverso il Lachman test ed il test del cassetto anteriore, sia in senso rotatorio, grazie al jerk test ed al pivot shift test.

La conferma della lesione del LCA avviene solitamente grazie all’analisi strumentale che si basa soprattutto sulla risonanza magnetica nucleare (RMN). Recentemente alcuni lavori scientifici (Chylarecki e coll., 1996) riportano di diagnosi effettuate grazie all’esame ecografico, anche se questo tipo d’indagine nell’ambito delle lesioni al LCA deve essere ancora scientificamente confermato.

Come viene trattata?

Il trattamento della lesione del LCA può essere di due tipi; conservativo e chirurgico.

Il trattamento conservativo: un LCA lesionato può venire trattato in modo conservativo, evitando cioè d’intervenire chirurgicamente, tuttavia il trattamento conservativo è in grado di essere effettivamente efficace solamente in un limito ridotto dei casi, circa il 36% (Noyes e coll., 1983). A lungo termine la maggioranza dei pazienti presentano artrosi articolare e nel 51% dei casi si registra un nuovo evento traumatico entro 6-9 mesi. Per questi motivi, se nel corso del trattamento conservativo stesso, perdura una sintomatologia stabile, diviene d’obbligo ricorrere al trattamento chirurgico.

Il trattamento chirurgico: la tecnica chirurgica del LCA è notevolmente migliorata nell’arco degli ultimi 10 anni e la percentuale di riuscita ad oggi si aggira attorno al 90% dei casi. La ricostruzione può essere di tipo intra-articolare ed extra-articolare. La ricostruzione intra-articolare si differenzia in base al tipo di trapianto che vede l’utilizzo del tendine rotuleo (che costituisce il trapianto maggiormente utilizzato ossia il "gold standard"), del tendine del m. semitendinoso o del m. gracile, oppure un lembo di fascia lata. Le diverse tecniche di ricostruzione extra-articolare sono in effetti solamente delle plastica di supporto che vengono effettuate utilizzando nella maggior parte dei casi la fascia lata. E’ in effetti improprio definirle delle vere e proprie tecniche di ricostruzione del LCA.

Quanto può durare?

La rottura traumatica isolata od associata del LCA, a cui consegua una sua ricostruzione chirurgica, normalmente effettuata in artroscopia tramite utilizzazione del tendine rotuleo, comporta una marcata amiotrofia della muscolatura della coscia in toto. L’ipotonotrofia muscolare coinvolge, sia la muscolatura flessoria, che quella estensoria, anche se la sofferenza muscolare a carico degli estensori appare notevolmente maggiore . La lesione associata del menisco interno sembra aggravare il deficit funzionale dinamico in flessione, mentre le lesioni a carico del menisco esterno aggraverebbero il quadro funzionale dinamico estensorio (Poty e coll., 1985). Il trauma del LCA può essere associato anche ad altre lesioni, come quella ai legamenti collaterali, soprattutto del collaterale mediale, oppure a lesioni cartilaginee o carico del legamento crociato posteriore. La perdita di tono muscolare, registrabile soprattutto a carico degli quadricipite ed in particolar modo del vasto mediale obliquo (VMO).

In qualsiasi caso il periodo riabilitativo comporta circa 180 giorni di lavoro.

Quando si può ritornare all’attività sportiva?

Nel caso in cui l’atleta sia stato sottoposto ad una tecnica ricostruttiva, sia di tipo intra-articolare, che extra-articolare, l’attività sportiva può essere di norma ripresa gradualmente dopo un idoneo programma riabilitativo della durata di circa 6 mesi..

Si può prevenire?

Dal momento che come abbiamo prima ricordato il muscolo che va incontro alla maggior ipotonia e conseguentemente alla maggior ipofunzionalità è il VMO, il ritorno a normali livelli di forza degli estensori della gamba in toto, non è una garanzia di piena ripresa funzionale. Infatti molte volte l’ipotonia del VMO viene completamente compensata dal vasto laterale (VL), a ciò consegue un arto apparentemente funzionale ma fondamentalmente instabile (Bisciotti e coll., 2001). In questi casi il rischio di recidive è particolarmente alto soprattutto nei 12 mesi susseguenti all’incidente (Orchard e coll., 2001). Si può quindi cercare di prevenire la possibilità di incorrere in un nuovo evento lesivo effettuando, per un periodo di almeno altri 6 mesi un minimo di due sedute settimanali di potenziamento muscolare specifico soprattutto a carico del VMO.

Quali esercizi eseguire nella fase riabilitativa?

In letteratura possibile ritrovare molti protocolli riabilitativi, anche se non esiste un unanime consenso in merito al protocollo ottimale da utilizzare, anche se il denominatore comune di tutti i più attuali metodi riabilitativi sembra essere la mobilizzazione precoce che ha ridotto l’insorgenza di complicanze come rigidità articolare od importanti atrofie muscolari, migliorando nel contempo il processo riparativo. Riportiamo a titolo di esempio un che scaturisce dalla sintesi dei numerosi protocolli ritrovabili in letteratura.

Riabilitazione LCA 1a fase

Da 0 a c.a 30 gg

Obbiettivi: riduzione del versamento articolare- miglioramento del controllo neuromuscolare del quadricipite- riacquisizione del range articolare.

Contrazione selettiva del VMO in isometria accoppiata a contrazione isometrica degli adduttori dell’anca. 30 contrazioni di 6’’ intervallate da 20’’ di recupero.

Contrazioni flash in co-contrazione degli antagonisti. 30 contrazioni di 6’’ intervallate da 20’’ di recupero.

Tonificazione degli ischio-crurali: supino flettere la gamba trascinando il tallone a terra, estensione normale. 3 serie da 10 piegamenti con 1’ di recupero.

Come esercizio 3 ma con elastico. 3 serie da 10 flessioni con 1’ di recupero.(figura 1)

Mobilizzazione e riacquisizione ROM: supino glutei leggermente staccati dalla parete, flettere il ginocchio sino al punto di massima flessione, ritornare quindi in posizione di massima estensione grazie all’aiuto della gamba sana. 3 serie da 10 ripetizioni con 1’ di recupero. (figura 2)

Calf seduto: 3 serie da 10 ripetizioni con 1’30’’ di recupero.

Calf in piedi: 3 serie da 10 ripetizioni con 1’30’’ di recupero.

Propriocettività del piede: camminare su superfici di diversa densità sensibilizzando il piede (diversi strati di materassi in gommapiuma, legno ecc..) per 3’-5’. Flesso estensione delle dita del piedi tramite prensione di oggetti di diversa forma per 3’-5’.

Tavoletta propriocettiva da seduto, possibilmente con tutore. 10 serie da 30’’ intervallate da 30’’ di recupero.

Elettro stimolazione in catena cinetica chiusa (VMO-VL-adduttori alternata a VMO-adduttori)

Figura 1: Tonificazione degli ischio-crurali: supino flettere la gamba trascinando il tallone a terra con resistenza elastica

Figura 2: mobilizzazione e riacquisizione ROM: supino glutei leggermente staccati dalla parete, flettere il ginocchio sino al punto di massima flessione, ritornare quindi in posizione di massima estensione grazie all’aiuto della gamba sana.

Riabilitazione LCA 1a fase

Da 30 a c.a 90 gg

Obbiettivi : - tonificazione muscolare - raggiungimento della completa particolarità del ginocchio.

Pressa eccentrica monolaterale con la gamba lesa. 3 serie da 6-8 ripetizioni intervallate da 2’ di recupero.

Pressa concentrica monolaterale con la gamba lesa (esecuzione molto lenta) 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’30’’’ di recupero.

_ squat bilaterale (controllando la ripartizione del carico, con esecuzione molto lenta) 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’30’’’ di recupero.

_ squat monolaterale (con esecuzione molto lenta) 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’30’’’ di recupero.

Salita e discesa da gradino (40-45 cm) a carico corporeo 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’30’’’ di recupero.

Calf seduto: 3 serie da 10 ripetizioni con 1’30’’ di recupero.

Calf in piedi: 3 serie da 10 ripetizioni con 1’30’’ di recupero.

Leg curl monolaterale in eccentrico: 3 serie da 6-8 ripetizioni intervallate da 2’ di recupero.

Leg curl monolaterale in concentrico: 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’ 30’’ di recupero.

Tavoletta propriocettiva in piedi bipodalica, possibilmente con tutore. 10 serie da 30’’ intervallate da 30’’ di recupero.

Cyclette 10’-15’ in "tonificazione"

Riabilitazione LCA 3a fase

Da 90 a c.a 150 gg

Obbiettivi : - tonificazione muscolare (progressivo incremento dei carichi, siain eccentrico che in concentrico) — propriocettività dinamica.

Nota: abbiamo detto che una risposta muscolare correttiva di tipo volontario richiede tempi maggiori di 200 millisecondi, mentre un evento lesivo al LCA ha tempi d’insorgenza decisamente minori. Per questo motivo, dopo un primo periodo di allenamento propriocettivo su apposite tavole d’equilibrio (classiche o computerizzate che siano, maggiormente adatte le seconde rispetto alle prime), in cui il tempo di risposta all’aggiustamento d’equilibrio è decisamente lungo, l’unica terapia propriocettiva di tipo preventivo efficace è quella atta a rendere il complesso muscolo-tendineo-legamentoso (soprattutto legamentoso in questo caso) maggiormente rigido nei confronti di uno stiramento eccentrico repentino, in termini tecnici lo scopo è aumentare la stiffness del complesso muscolo-tendineo-legamentoso. Questo è possibile grazie ai circuiti di "propriocettività dinamica" di cui è illustrato un esempio in figura 3. Questo costituisce un punto cruciale del programma riabilitativo.

Pressa eccentrica monolaterale con la gamba lesa. 3 serie da 6-8 ripetizioni intervallate da 2’ di recupero.

Pressa concentrica monolaterale con la gamba lesa (esecuzione molto lenta) 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’30’’’ di recupero.

1/2 squat bilaterale (controllando la ripartizione del carico, con esecuzione molto lenta) 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’30’’’ di recupero.

1/2 squat monolaterale (con esecuzione molto lenta) 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’30’’’ di recupero.

Salita e discesa da gradino (40-45 cm) con leggero sovraccarico, 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’30’’’ di recupero.

Calf seduto: 3 serie da 10 ripetizioni con 1’30’’ di recupero.

Calf in piedi: 3 serie da 10 ripetizioni con 1’30’’ di recupero.

Leg curl monolaterale in eccentrico: 3 serie da 6-8 ripetizioni intervallate da 2’ di recupero.

Leg curl monolaterale in concentrico: 3 serie da 10 ripetizioni intervallate da 1’ 30’’ di recupero.

Contrazioni isometriche selettive del VMO con controllo in biofeedback (Ergometer) al Leg extension ( ultimi gradi). 30 ripetizioni intervallate da 10’’ di recupero.

Circuito di propriocettività dinamica (figura 3)

Cyclette 15’-20’ in "tonificazione"

Nota: se ad una prova dinamometrica il paziente presenta un deficit di forza dell’arto leso a carico degli estensori minore del 20% rispetto al controlaterale sano, si può gradualmente inserire un programma di corsa.

Figura 3: il "circuito propriocettivo dinamico" è costituito da una serie di balzi pliometrici su piani instabili, superfici d’appoggio di diversa fattura ed ostacoli di differente altezza. Lo scopo è quello, attraverso repentine contrazioni eccentriche in situazioni di ricerca ed aggiustamento di equilibrio dinamico, di rendere maggiormente stabile il complesso muscolo-tendineo-legamentoso nei confronti di contrazioni eccentriche violente ed improvvise, che non consentono, proprio a causa della loro repentinità, un controllo muscolare volontario del movimento.

 

 

Per chi volesse approfondire

Bisciotti GN., Bertocco R., Ribolla PP. Electromyographic analysis in the reconstruction of anterior cruciate ligament: a new control and prevention method. Medicina dello sport. Dicembre 2001.

Chylarecki C., Hierholzer G., Klose R. Sonographic diagnosis of fresh ruptures of the Acl — experimental and clinical-trial. Unfallchirurg. 99: 24-30, 1996.

Kapandji IA. Fisiologia articolare. Marrapese Edizioni, Roma 1983.

Noyes FR., Basset RW., Grood ES., Butler DR. Arthroscopy in acute traumatic hemarthrosis of the knee. J Bone Joint Surg. 62A, 1980.

Noyes FR., Matthews DS., Moore PA., Butler DR. The symptomatic anterior cruciate deficient knee. Part I. Bone Joint Surg. 65 A : 154, 1983.

Orchard J., Seward H., Mc Given J. Risk factor for ACL injury in Australian football players. Am J Sports Med. 29 (2): 196-200, 2001.

Poty P., Padilla S., Castells J. Influence des ruptures du ligament croisé anterieur isolées ou associées sur les couples de force musculaire de la cuisse. Mèsure par dynamomètrie isokinetique. Medecine du sport. 59 (2) : 32-38, 1985.

Warme WJ., Feagin JA., King P.Ski injury statistics, 1982 to 1993, Jackson hole skiresort. J Sport Med. 23: 597-600, 1995.

   
                     
                     
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