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Argomento:
Metodologia dell'allenamento del calcio
Data:
2002
Testata:
Il Nuovo Calcio. 118: 106-109, 2002
 
Il legamento collaterale mediale
di Gian Nicola Bisciotti

  • Che tipo di danno strutturale è?
  • Come si verifica il danno?
  • Quali sono i sintomi?
  • Come viene diagnosticata?
  • Come viene trattata?
  • Quanto può durare?
  • Quando si può ritornare all’attività sportiva?
  • Si può prevenire?
  • Quali esercizi eseguire nella fase riabilitativa?

Che tipo di danno strutturale è?

Il legamento collaterale mediale (LCM) o tibiale, è anatomicamente suddivisibile in due parti: la parte profonda e quella superficiale. La parte profonda, detta anche legamento capsulare, è formata da un fascio di fibre, orientate in senso verticale, che si estendono dal bordo del condilo femorale mediale sino alla circonferenza del piatto tibiale mediale, presentando una forte inserzione in corrispondenza del menisco mediale. La porzione superficiale del legamento collaterale mediale si separa dalla parte profonda a livello della rima articolare e si inserisce a circa 3-4 cm al di sotto del piatto tibiale, sotto i tendini della zampa d’oca, dalla quale è separato da una borsa. Il LCM è il principale stabilizzatore statico del ginocchio nei confronti dello stress in valgo ed in rotazione e risulta in tensione durante l’estensione completa della gamba, iniziando a detenersi tra i 30° ed i 40° di flessione, per poi ritornare in tensione a circa 60°-70° di flessione. Una porzione del LCM tuttavia rimane comunque in tensione per tutto l’arco del movimento allo scopo di proteggere l’articolazione del ginocchio dagli stress in valgo e dalla forze esterne di tipo rotazionale (Wilk e Clancey, 1991). E’ interessante infine anche notare che in caso di rottura del legamento crociato anteriore (LCA), il LCM, come d’altronde anche le strutture postero-laterali del ginocchio, vicariano l’azione del LCA stesso per impedire la traslazione anteriore della tibia (Kanamori e coll., 2000). Il carico in valgo, in un ginocchio anatomicamente normale, risulta maggiore durante la fase di spinta del passo, momento in cui la tibia ruota esternamente rispetto al femore. Il danno più comune a cui può andare incontro il LCM, è costituito dalla distorsione oppure dallo stiramento eventualmente associato a lacerazione di modesta entità. Nei casi più gravi il LCM può subire delle lacerazioni a livello della sua sezione mediale o subire un distacco dalla sua inserzione femorale o tibiale.

Figura 1 : le strutture legamentose del ginocchio. La funzione dei legamenti femoro-rotulei è quella, assieme ad i retinacoli, di provvedere alla stabilizzazione passiva della rotula in senso medio-laterale. Le strutture laterali risultano più robuste rispetto a quelle mediali, soprattutto grazie all’espansione ileo-tibiale.

Come si verifica il danno?

La lesione del LCM è normalmente associata ad una sollecitazione in valgo del ginocchio causata ad esempio da un trauma contusivo sulla parte laterale del ginocchio stesso, oppure da una caduta su di un fianco mentre l’arto è fermamente poggiato al suolo. Talvolta il danno al LCM può verificarsi anche per un trauma contusivo a livello del ginocchio in catena cinetica aperta, ossia quando il piede non è a contatto con il terreno. Un evento secondario associato alla lesione del LCM può essere costituito dalla lacerazione del menisco mediale. Il danno può anche verificarsi a causa del sovraccarico funzionale dato da overuse, come nel caso dei nuotatori di stile a rana, dove l’articolazione del ginocchio subisce un’estensione a "frusta" ripetuta durante il gesto tecnico specifico. A parte alcuni casi particolari, come quello sopra descritto, il danno al LCM si verifica per la maggior parte dei casi nell’ambito degli sport di contatto come ad esempio il calcio, il rugby, la lotta ecc.

Quali sono i sintomi?

Nei casi distorsioni di lieve entità la sintomatologia dolorosa può essere estremamente contenuta se non completamente assente qualsiasi tipo di sintomatologia, al contrario un trauma di una certa gravità provoca un dolore acuto sulla parte interna del ginocchio, che può persistere per parecchie ore ed anche per alcuni giorni. In questo caso qualsiasi tipo di movimento dell’articolazione del ginocchio può rivelarsi impossibile, si può notare gonfiore sulla parte interna del ginocchio associata ad un livido più o meno esteso in rapporto all’entità del trauma distorsivo subito. Il ginocchio insultato può presentare una mancanza di stabilità ed un impossibilità funzionale nel sostenere il peso corporeo del soggetto.

Come viene diagnosticata?

In primo luogo occorre indagare sulle modalità meccaniche che hanno condotto all’evento traumatico, chiarendo anche la precisa sintomatologia dolorosa percepita dal paziente in concomitanza al trauma stesso. Dovranno in seguito essere determinati i vari angoli e le differenti posizioni alle quali il paziente lamenta il dolore, unitamente alla valutazione dell’estensione e dell’ubicazione dell’area che presenta gonfiore. Dovrà essere valutata clinicamente anche un’eventuale lassità del ginocchio. Se l’area che presenta gonfiore è particolarmente evidente ed estesa ed il movimento articolare del ginocchio è seriamente limitato da una sintomatologia dolorosa particolarmente acuta, può essere consigliabile un immobilizzazione e mettere a riposo l’arto lesionato per un periodo compreso tra i tre ed i cinque giorni. Nei casi in cui si sospetti un danno anche a carico di altre strutture legamentose e/o cartilaginea, si può rivelare necessario effettuare una Risonanza Magnetica.

Come viene trattata?

Nelle prime 24-36 ore successive all’evento traumatico, è consigliata l’applicazione di ghiaccio sulla zona della lesione, il mantenimento dell’arto in posizione levata e l’applicazione di una bendaggio elastico. Successivamente, in alcuni casi, può essere necessario fare ricorso ad un immobilizzazione del ginocchio effettuata grazie all’applicazione di una ginocchiera. Per ciò che riguarda la terapia farmacologia di supporto, può essere indicata la somministrazione di antinfiammatori non steroidei, come ad esempio l’ibuprofen, allo scopo di lenire il dolore e ridurre lo stato infiammatorio. Raramente i danni del LCM necessitano di trattamento chirurgico, a cui invece sovente si ricorre nel caso in cui il trauma lesivo a carico del LCM sia associato al danno di altre strutture legamentose o cartilaginee. Il trattamento normalmente consigliato è quindi di tipo conservativo. Il fatto che la scelta terapeutica preferenziale si orienti verso il trattamento di tipo conservativo e dovuta al fatto che il LCM presenti maggiori capacità autoriparative rispetto ad altre strutture legamentose come il LCA ed il legamento crociato posteriore (LCP). Alcuni Autori attribuiscono queste maggiori capacità di autoriparazione del LCM rispetto al LCA ed al LCP, al fatto che il LCM in fase di riparazione abbia una sintesi endogena di ossido nitrico minore rispetto a quanto non avvenga nella stessa fase nel LCA e nel LCP; l’ossido nitrico infatti potrebbe ostacolare il processo di riparazione tissutale (Cao e coll., 2000).

Quanto può durare ?

Una distorsione del LCM di medio-bassa entità, viene risolta, previo adeguato trattamento, nell’arco di 2 — 6 settimane. Distorsioni più gravi possono richiedere periodi d’immobilizzazione e di riposo nettamente maggiori, soprattutto nel caso in cui sia particolarmente evidente un instabilità articolare a livello del ginocchio. Nel caso in cui, i danni associati alla lesione del LCM siano stati di un’entità tale da richiedere un trattamento di tipo chirurgico, i tempi di recuperò dipenderanno dal tipo d’intervento subito, dalle condizioni muscolari pre-operatorie, nonché dalla lassità che l’articolazione presenterà dopo l’intervento subito. In ogni caso, dopo un trattamento chirurgico, la ripresa di una totale funzionalità muscolo-articolare, normalmente comporta tempi non inferiori ai tre mesi. Sfortunatamente, una volta lesionato, il LCM è particolarmente esposto alle recidive, per questo motivo è fortemente consigliato all’atleta che è incorso in questo tipo d’infortunio di effettuare costantemente un programma di rinforzamento specifico della muscolatura del ginocchio.

Quando si può ritornare all’attività sportiva?

Il ritorno all’attività sportiva può essere intrapreso nel momento in cui vengano soddisfatte le seguenti condizioni:

  • Il gonfiore è completamente scomparso
  • E’ assente a riposo qualsiasi tipo di sintomatologia dolorosa
  • Nessun dolore è percepito nel momento in cui la gamba lesa supporta il peso corporeo
  • L’atleta non riferisce nessun dolore durante attività specifiche impegnative come il calciare, il saltare, il cambiamento di direzione in corsa ecc.
  • L’articolazione del ginocchio non presenta lassità, se non minima.

Normalmente le condizioni sopra elencate vengono raggiunte, nel caso di distorsione di bassa-media entità, nell’arco di 2 — 4 settimane. Nel caso di traumi più gravi possono rendersi necessarie invece dalle 4 alle 8 settimane di trattamento fisioterapico. Nel caso infine in cui si sia dovuti ricorrere al trattamento chirurgico, si renderanno purtroppo necessari diversi mesi di riposo e di trattamento riabilitativo prima di poter ritornare alla pratica sportiva.

Si può prevenire?

La maggior parte dei traumi a carico del LCM sono causati dalla natura stessa dell’attività sportiva praticata., ragion per cui se è ragionevole poter pensare di cercare di abbassare il rischio di incidenti in tal senso, non è certamente pensabile poterli del tutto eliminare. In attività come lo sci ad esempio si può pensare di poter effettuare già una discreta opera di prevenzione attraverso l’utilizzo di materiali idonei da parte dell’atleta. Anche nell’ambito del calcio l’utilizzo di materiali adeguati può rivelarsi importante ai fini preventivi, per questo motivo i tipi di calzature utilizzate (numero e tipo di tacchetti), dovrebbero essere sempre adatte alle diverse condizioni del terreno di gioco. Le superfici di gioco utilizzate negli sport in cui è inevitabile il contatto, come appunto il calcio od il rugby, si rivelano un altro elemento determinante nell’ambito dell’incidenza traumatica. In tutti i casi la miglior prevenzione, soprattutto per ciò che riguarda le possibili recidive, è il costante mantenimento di un ottimale trofismo della muscolatura della coscia.

Quali esercizi eseguire nella fase riabilitativa?

Gli obiettivi principali durante riabilitazione di un trauma del LCM, sono costituiti dalla riduzione della sintomatologia dolorosa e del gonfiore, dal ripristino della completa particolarità del ginocchio e dal potenziamento della muscolatura della coscia. Durante i primi giorni successivi al trauma potrebbe essere indicato non caricare l’arto e quindi sarebbe consigliato l’uso delle stampelle durante la deambulazione. Una volta ridotti lo stato di gonfiore e la sintomatologia dolorosa occorre intraprendere un piano riabilitativo specifico, gli esercizi sotto riportati si presentano particolarmente adatti per il ripristino del normale range articolare del ginocchio e per una tonificazione specifica della muscolatura della coscia.

ESERCIZIO 1: Sollevamento della gamba tesa

Distesi a terra con la gamba sana leggermente flessa, sollevare la gamba lesa in posizione distesa e mantenere la posizione raggiunta per un periodo di 10’’ quindi riabbassarla e recuperare per 5’’. Eseguire 3-5 serie costituite ognuna da 20 ripetizioni ciascuna, osservando un recupero di 1’30’’ tra le varie serie. Questo semplice esercizio permette già dai primi giorni immediatamente successivi all’evento lesivo di poter stimolare troficamente la muscolatura dell’arto inferiore leso.

ESERCIZIO 2: Distensione del ginocchio leso

Seduti a terra con le gambe leggermente divaricate, appoggiare entrambe le mani sul ginocchio leso e spingerlo dolcemente verso il basso in modo tale da forzarne l’estensione sino a che la sintomatologia dolorosa lo consenta. Mantenere la posizione raggiunta per circa 20’’-30’’ quindi rilassare per 10’’. Effettuare 3 serie da 15 ripetizioni osservando 1’30’’ di recupero tra le serie.

ESERCIZIO 3 : Leg extension

Seduti al leg extension effettuate una distensione con entrambe le gambe, inizialmente utilizzate un carico molto leggero che non comporti nessuna sintomatologia dolorosa a carico dell’arto leso. Raggiunta la posizione di massima distensione mantenete una sosta isometrica di circa 3’. Eseguire 10 ripetizioni per 5 serie osservando una pausa di recupero di 2’ tra le serie. Fate particolarmente attenzione alla ripartizione del carico di lavoro sulle due gambe in modo tale che il lavoro non sia eccessivamente sbilanciato verso l’utilizzo prioritario dell’arto sano. Inizialmente è preferibile adottare l’esecuzione a due gambe a scopo precauzionale, in seguito, con il consolidamento delle capacità di forza dell’arto leso, si può passare all’esecuzione monolaterale.

ESERCIZIO 4: Dossier a parete

Appoggiare la schiena contro una parete e piegare lentamente le gambe sino al raggiungimento di un angolo di piegamento che in situazioni ottimali dovrebbe essere di 90°, in qualsiasi caso raggiungere il massimo angolo di piegamento consentito senza incorrere nella sintomatologia dolorosa. Mantenere la posizione isometrica per 3’ e ritornare alla posizione di partenza. Eseguire 5 serie da 8 ripetizioni con una pausa tra le serie di 2’.

NOTA: le semplici esercitazioni sopra presentate costituiscono gli elementi di base di un primo programma di tipo potenziativo da effettuarsi nel primo periodo rieducativo, ovviamente tale piano di lavoro deve essere progressivamente corroborato dall’inserimento di nuove e più impegnative esercitazioni, come _ di squat, _ squat, pressa orizzontale ed inclinata , affondi ecc..., che in questa sede, per ovvi motivi di spazio non possono essere illustrati. Inoltre è importante ricordare che in un piano di lavoro riabilitativo del LCM assumono un posto di rilievo tutte quelle esercitazioni dinamiche che obbligano a contrastare attivamente da un punto di vista muscolare il valgo, oltre a tutte le esercitazioni di "propriocettiva dinamica" già descritte sul numero precedente di questa rivista nell’articolo riguardante il legamento crociato anteriore.

ESERCIZIO 3: Leg curl

Proni al leg curl flettere la gamba lesa coadiuvando il lavoro di quest’ultima grazie all’utilizzo contemporaneo dell’arto sano. Mantenere la posizione statica di massima flessione per circa 3’ quindi ritornare lentamente alla posizione di partenza. Effettuare 5 serie da 10 ripetizioni osservando una pausa di recupero di 2’ tra le serie. Utilizzare un carico che non comporti l’insorgenza di una sintomatologia dolorosa durante l’esecuzione dell’esercizio stesso. Anche in questo caso, per motivi di sicurezza, inizialmente adottare un tipo di esecuzione bilaterale per passare in seguito a quella monolaterale esclusivamente a carico dell’arto traumatizzato.

 

Per chi volesse approfondire:

Kanamori A., Sakane M., Zeminski J., Rudy TW., Woo SL. In-situ force in the maedial and lateral structures of intact and ACL-deficient knees. J Orthop Sci. 5(6): 567-571, 2000.

Cao M., Stefanovic-Racic M., Georgescu HI., Fu FH., Evans CH. Does nitric oxide explain the differential healing capacity of the anterior cruciate, posterior cruciate, and medial collateral ligament?. Am J Sport Med. Mar-Apr 28(2). 176-182, 2000.

Wilk K., Clancey W. Medial collateral ligament injuries: Diagnosis, treatment and rehabilitation. In: Knee ligament reabilitation, R. Engle Editions. New York: Churchill Livingstone, 1991.

   
                     
                     
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