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Argomento:
Metodologia dell'allenamento
Data:
2003
Testata:
Il Nuovo calcio. 128:124-128, 2003
 
Facciamo due conti……
di Gian Nicola Bisciotti

Nel precedente articolo intitolato "il terremoto 2", ho voluto affrontare il tema della potenza aerobica, in un modo che potremmo anche definire come "piuttosto scontato", in altre parole, anche se ho cercato di fornire degli esempi pratici di costruzione dell’allenamento, non ho affrontato la problematica inerente al "come" in termini pratici si possa arrivare a costruire una seduta di "intermittente" oppure di 4’-4’ ecc…. In effetti ho creduto che in definitiva si complicassero troppo le cose se nel medesimo tempo si fosse anche affrontato l’argomento pratico inerente a quali fossero i mezzi che permettono di divenire autonomi nella stesura di un programma di allenamento ed ho quindi preferito dedicare completamente il primo articolo alla giustificazione teorica dell’adozione dei metodi di allenamento descritti. Fatte le dovute premesse, questo articolo è dedicato a coloro i quali, convinti delle argomentazioni metodologiche presentate (sperando ovviamente che almeno qualcuno lo sia), volessero divenire autonomi e pienamente padroni dei mezzi che permettono la stesura di un coerente piano di allenamento che rifletta i principi illustrati.

Come quantificare correttamente la velocità aerobica massimale.

I test che ci permettono di quantificare in modo affidabile la VAM, vanno dalle più sofisticate prove di laboratorio ai più semplici ed attuabili test di terreno. Ora, mi sembra ovvio che chi abbia la possibilità di usufruire di attrezzati laboratori di fisiologia, non abbia la necessità di avere delle informazioni tecniche dal sottoscritto, quindi mi limiterò solamente ad illustrare i protocolli di tre test effettuabili sul terreno, e quindi di semplice esecuzione, che richiedono un attrezzatura minima ma che al contempo sono in grado di fornire un affidabile valore della VAM del giocatore.

Il test di Brue (Brue, 1985)

I giocatori, preferibilmente in numero non maggiore di 7-8, si dispongono su di una pista di atletica, o comunque anche su di un qualsiasi percorso pianeggiante al limite costituito dal campo di gioco stesso, dietro l’operatore che utilizza una bicicletta specificatamente equipaggiata (vedi riquadro specifico) alla distanza di circa 1 metro uno dall’altro. La bicicletta costituisce una "lepre" che i giocatori dovranno seguire cercando di non perderne il contatto. Il protocollo di test prevede una velocità di partenza di 9 km/h ed un incremento di velocità di 0.5 km/h ad ogni minuto. Il test finisce quando il giocatore non è più in grado di mantenere la distanza prefissata e si stacca progressivamente dalla "lepre", oppure si arresta volontariamente. La velocità raggiunta sarà la sua VAM. Dal momento che è possibile per l’atleta continuare il test anche dopo aver superato la propria VAM, grazie alla possibilità di tollerare una più o meno forte produzione di lattato, e che questo comporterebbe una sovrastima del valore di VAM stesso, deve essere considerato valido solamente l’ultimo palier effettuato totalmente. Per essere sicuri che ogni soggetto abbia veramente effettuato il test con il massimo impegno possibile,la frequenza cardiaca raggiunta a fine test dovrebbe essere almeno pari al 90% della massima frequenza cardiaca teorica (calcolabile con la semplice formula di : 220- anni di età), sarebbe quindi auspicabile poter monitorizzare tutti gli atleti sottoposti al test con un cardiofrequenzimetro. Per chi poi possedesse un analizzatore di lattato e fosse anche estremamente scrupoloso la produzione di lattato alla fine del test dovrebbe risultare maggiore di 8 mmol. l-1, ma francamente mi sembra una controprova di cui si possa tranquillamente fare a meno. Questi due valori, ossia il raggiungimento del 90% della massima frequenza cardiaca teorica ed una produzione di lattato maggiore di 8 mmol. l-1, sono la controprova di validità anche per tutti glia altri test che esamineremo. Un’ultima raccomandazione: per la buona riuscita del test, sarebbe opportuno che un secondo operatore, posto a bordo campo, prendesse nota della velocità alla quale i vari giocatori si staccano dalla "lepre", oppure abbandonano il test.


Figura 1: nel test di Brue i giocatori seguono una "lepre" in bicicletta a velocità progressivamente crescenti ogni minuto, il test si può considerare concluso nel momento in cui l’atleta si stacca visibilmente e progressivamente dalla "lepre" oppure si arresta.

 

Il Montreal University Track Test (Lèger e Boucher, 1980).

Il test consiste nel correre su di una pista di atletica sulla quale sono stati posti dei conetti ogni 50 metri, a velocità progressivamente crescenti. La velocità di partenza è di 8,5 km/h e viene aumentata di 1 km ogni 2’. La velocità di corsa viene scandita da un segnale sonoro in concomitanza al quale l’atleta deve trovarsi su uno dei conetti posti ogni 50 metri sulla pista. Il test termina quando l’atleta non riesce ad essere sincronizzato con il segnale sonoro da più di 100 metri, oppure, ovviamente, quando si arresta volontariamente. Questo test, rispetto al test di Brue, presenta maggiori difficoltà gestionali, prime tra le quali il è poter controllare efficacemente durante il protocollo più atleti simultaneamente, senza considerare il fatto di dover necessariamente avere a disposizione un impianto sonoro sufficientemente potente da permettere di udire il segnale sonoro in ogni punto della pista.

Figura 2: nel Montreal University Track Test, gli atleti devono trovarsi all’altezza del marcatore posto ogni 50 metri in corrispondenza del segnale sonoro.

 

Il maximal multistage 20 m shuttle run test (Léger, 1989)

Questo test è meglio conosciuto sotto il nome di "test navetta" e prevede che l’atleta corra a spola (da qui il nome di test navetta) tra due segnali posti ad una distanza di 20 metri tra loro, ad una velocità progressivamente crescente. Esistono due versioni del test, la prima delle quali prevede un aumento della velocità di percorrenza pari a 0,5 km/h ogni 2 minuti (Léger e Lambert, 1982) , mentre la più recente adotta un protocollo in cui la velocità aumenta, sempre di 0,5 km/h ma ad ogni minuto (Léger e coll, 1984). L’ultima versione del test (Léger e coll, 1989) prevede una velocità di partenza pari ad 8,5 km/h ed un incremento della stessa di 0,5 km/h ogni minuto. Il test termina quando l’atleta non riesce più ad arrivare su una delle due linee di demarcazione in corrispondenza del segnale sonoro, normalmente è tollerato, per un massimo di due volte consecutive, un ritardo di 1 metro rispetto alla linea di demarcazione stessa. La VAM dell’atleta corrisponde all’ultimo palier effettuato completamente. Il problema del "test navetta" è che il valore di VAM così calcolato viene sistematicamente sottostimato rispetto al valore di VAM registrabile durante un test, come i due precedentemente descritti, che prevedano una corsa in linea e non a navetta come in questo caso. Infatti i continui cambiamenti di direzione che si effettuano durante il test, comportando altrettante fasi di accellerazione e decelerazione, aumentano notevolmente il costo energetico e quindi falsano, sottostimandolo, il reale valore della VAM (Bisciotti e coll., 2000). Tuttavia siccome esiste una forte correlazione tra questo tipo di test ed i precedenti è possibile ricavare in modo sufficientemente affidabile il valore di VAM grazie al seguente calcolo (Bisciotti, 2002)

1,502 X velocità del palier raggiunto — 4,0109

Per chiarire ulteriormente facciamo un esempio pratico: se il nostro atleta avesse raggiunto il palier 12, che corrisponde ad una velocità di percorrenza di 14 km/h il calcolo grazie al quale è possibile estrapolare il valore di VAM come se quest’ultimo fosse ricavato attraverso un test di corsa in linea risulterebbe:

1,502 X 14 — 4,0109 = 17 km/h

Il vantaggio del test navetta di Lèger è costituito dall’estrema semplicità e praticità d’utilizzo, lo svantaggio è che il valore di VAM in tal modo desunto non risulterà mai così preciso come quello ricavato da uno dei due test precedenti. In ogni caso, occorre ricordare che un fattore determinante per l’esattezza di un test a dettato sonoro, come il maximal multistage 20 m shuttle run test ed il Montreal University Track Test, è costituito dalla precisione del riproduttore sonoro utilizzato.


Figura 3: il maximal multistage 20 m shuttle run test prevede una corsa a spola su di un tratto di 20 metri ad una velocità progressiva dettata da una registrazione sonora. Estremamente pratico, presenta però l’inconveniente del notevole aumento della spesa energetica, dovuto alle continue fasi di accellerazione e decelerazione, che determinnoa a loro volta una sistematica sottostima del valore di VAM.

Una volta determinata la VAM, come costruire una seduta di allenamento intermittente?

Dopo aver determinato il valore di VAM, grazie ad uno dei tre test sopradescritti, dei quali personalmente, per la sua semplicità e la sua buona affidabilità, consiglio il test di Brue, è il momento di costruire grazie ai dati ricavati, una seduta di allenamento. A questo proposito vorrei ricordare che un test dovrebbe rispondere a due imperativi: il primo costituito dal fatto di poter "fotografare" una data caratteristica fisica dell’atleta, il secondo invece dovrebbe essere quello di poter fornire dei dati utilizzabili per la stesura pratica di un piano di allenamento. Nel caso in cui rispondesse solamente al primo dei due, mi sembra ovvio che si tratti di un test che si rivela utile "solamente a metà". Non è questo il caso di un test il cui scopo è quello di determinare la VAM, sul cui valore infatti possibile costruire tutta una serie di diverse metodologie di lavoro.
Abbiamo dunque il nostro valore di VAM, diciamo ad esempio 17,5 km/h (mediamente la VAM di un buon giocatore è compresa tra i 17 ed i 18 km/h) come costruire una seduta di lavoro intermittente come ad esempio un 20’’-20’’? Per prima cosa dobbiamo scegliere l’intensità della VAM alla quale intendiamo lavorare, esistono infatti percentuali della VAM alla quale il lavoro è essenzialmente aerobico, altre alla quali il lavoro è anaerobico lattacido ed altre ancora in cui il lavoro è fortemente anaerobico lattacido, per maggiori informazioni a riguardo è possibile consultare l’articolo apparso su questa stessa rivista intitolato "Utilizziamo bene l’intermittente" (Gennaio, 2002). Ammettiamo di voler costruire un 20’’-20’’ in cui i 20’’ di lavoro siano effettuati correndo al 110% della VAM.
Per prima cosa dobbiamo riportare il calcolo in metri al secondo ossia: 17864 (i metri percorsi in un’ora) / 3600 (i secondi che vi sono in un ora) = 4,86.
Questo significa che se il nostro atleta corresse al 100% della sua VAM percorrerebbe 4,86 metri ogni secondo, per sapere quanti metri dovrebbe percorrere in 20’’ correndo al 110% della VAM, il calcolo molto semplice:

(4,86 X 20) X 1,1 = 106,94 metri (arrotondabile a 107)

La nostra seduta di allenamento potrebbe essere quindi così strutturata :
Tempo di lavoro 20’’ durante i quali percorrere 107 metri
Tempo di recupero passivo (fermi sul posto) 20’’
Numero delle fasi di lavoro: 10
Serie: 3
Tempo di recupero tra le serie: 4’

 

Figura 4: un intermittente calcolato in base alla distanza da percorre è di facile gestione per il preparatore, tutti i giocatori infatti coprono la medesima distanza nello stesso tempo, tuttavia occorre che il gruppo abbia una VAM omogenea, in caso contrario il carico interno varierà da giocatore a giocatore compromettendo il risultato dell’allenamento.

E se volessimo costruire un intermittente con recupero attivo?

Abbiamo appena visto i semplici calcoli che ci hanno permesso di impostare una seduta di intermittente nella quale ai 20’’ corsi al 110% della VAM seguono 20’’ di recupero passivo, proviamo a costruire la stessa seduta ma con un recupero attivo, durante il quale l’atleta percorre la stessa distanza ma ad una percentuale della VAM sensibilmente inferiore, denominata Velocità di Recupero Attivo (VRA), normalmente compresa tra il 65 ed il 75% della VAM.
Ammettiamo di scegliere una VRA pari al 65% della VAM, in quanto tempo il nostro atleta, od il nostro gruppo di giocatori con la stessa VAM, dovranno percorrere i 107 metri? Il calcolo è presto fatto:

107 / (4,86 x 0.65) = 33,87 secondi (arrotondabile a 34)

Per cui la nostra seduta di intermittente potrebbe essere così impostata:
Tempo di lavoro 20’’ durante i quali percorrere 107 metri
Recupero attivo (65% della VAM) durante il quale percorrere i 107 metri in 34’’
Numero delle fasi di lavoro: 8
Serie: 3
Tempo di recupero tra le serie: 4’

Figura 5: un intermittente strutturato attraverso una fase di lavoro d’intensità pari al 110% della VAM ed una fase di recupero attivo percorsa ad una VRA pari al 65% della VAM, diviene molto più impegnativo rispetto ad un intermittente che abbia una fase di lavoro della stessa intensità e durata ma strutturato con un recupero passivo.

E se il nostro gruppo di giocatori non avesse una VAM omogenea?

Ovviamente è molto difficile, anzi direi praticamente impossibile, che il gruppo dei giocatori a nostra disposizione abbia lo stesso valore di VAM, che fare allora per avere lo stesso carico interno per tutti durante la sessione di lavoro intermittente? In primo luogo occorre suddividere i giocatori in due-tre gruppi che abbiano all’incirca lo stesso valore di VAM e stabilire la VAM media di ogni gruppo. Ammettiamo di avere tre gruppi e che il gruppo 1 presenti un VAM media di 18 km/h, il gruppo 2 di 17 ed il gruppo 3 di 16,5. Se, ad esempio, volessimo costruire una seduta 20’’-20’’ con recupero passivo al 110% della VAM, dovremo calcolare, con le semplici operazioni di cui sopra il diverso tratto di percorrenza dei tre differenti gruppi. La seduta verrebbe quindi così strutturata:
Tempo di lavoro 20’’
Distanza da percorrere : gruppo 1, 110metri — gruppo 2, 104 metri — gruppo 3, 101 metri.
Recupero passivo di 20’’
Numero delle fasi di lavoro: 10
Serie: 3
Tempo di recupero tra le serie: 4’

 

 

Figura 6: mantenendo il tempo e l’intensità di lavoro fisse, e variando la distanza da percorrere in funzione del valore di VAM dei diversi gruppi di giocatori, è possibile effettuare un allenamento che mantenga per tutti lo stesso carico interno e che inoltre presenta l’indubbio vantaggio di essere facilmente gestibile da parte del preparatore.

E se volessimo effettuare un 4’-4’ ma non avessimo a disposizione i cardiofrequenzimetri?

La possibilità non è affatto banale, anzi direi che avere a disposizione 15 o 20 cardiofrequenzimetri non è da tutti… quindi l’arte di arrangiarsi mi sembra, in questo caso, più che giustificata.
Innanzi tutto vorrei ricordare cosa sia il 4’-4’, peraltro già illustrato in "terremoto 2". Nel cosiddetto 4’-4’si tratta di effettuare 4 serie di corsa al 90-95% della FCmax (quindi al 90-95% della Velocità Aerobica Massimale) della durata di 4’, intervallate da 4’ di recupero attivo, ossia di corsa svolta al 70-75% della VAM. Come fare a rendersi conto, senza avere a disposizione un numero sufficiente di cardiofrequenzimetri della correttezza o meno del carico interno effettuato? Partendo dall’assunto che vi è una relazione pressoché lineare tra la frequenza cardiaca ed il consumo di ossigeno e quindi anche tra la frequenza cardiaca e la VAM, possiamo ragionevolmente considerare che un’intensità di corsa pari al 90-95% della VAM, corrisponda ad una frequenza cardiaca pari al 90-95% della frequenza cardiaca massimale ed altresì che un’intensità di corsa pari al 70-75% della VAM, corrisponda ad una frequenza cardiaca che sia circa il 70-75% della frequenza cardiaca massimale. Considerando un gruppo di giocatori la cui VAM sia eguale pari a 17,5 km/h, dobbiamo quindi calcolare quanti metri debbano percorrere in 4’ rispettivamente al 90-95% della VAM ed al 70-75%. Effettuiamo quindi gli stessi calcoli già utilizzati precedentemente, ma questa volta moltiplicheremo per 240 quanti sono appunti i secondi in 4’.

(4,86 X 240) X 0,90 = 1050 metri

(4,86 X 240) X 0,95 = 1108 metri

(4,86 X 240) X 0,70 = 816 metri

(4,86 X 240) X 0,75 = 875 metri

Da questi semplici calcoli possiamo quindi desumere le informazioni necessarie al controllo dell’entità del carico proposto, è infatti plausibile pensare che se i nostri giocatori coprono in 4’ una distanza compresa tra i 1050 ed i 1108 metri la loro frequenza cardiaca si assesti su valori compresi tra il 90 ed il 95% della frequenza cardiaca massimale e lo stesso tipo di ragionamento può essere applicato nel caso dei 4’ di percorrenza effettuati ad un’intensità compresa tra il 70 ed il 75% della VAM.

 

 

 

Figura 6: calcolando in base alla VAM la distanza da percorrere è possibile parametrizzare correttamente il carico interno anche senza l’utilizzo del cardiofrequenzimetro.

E se volessimo dai valori di VAM ricavare i valori di soglia anaerobica.

Il lavoro sulla soglia, permette come gia detto in " terremoto 2" di ottimizzare il livello della potenza aerobica del giocatore. E’ possibile, avendo effettuato un test per quantificare la VAM, risalire da quest’ultimo valore a quello relativo alla soglia anaerobica del giocatore? Direi di si e con una buona affidabilità, basta consultare la tabella che segue, che ho stilato in base a numerosi dati sperimentali che avevo a disposizione, i valori di soglia corrispondenti sono abbastanza affidabili e comunque sufficientemente precisi per un loro utilizzo in allenamento.

VAM (km/h)

Soglia anaerobica (km/h)

Soglia anaerobica (min/km)

16

12,1

4’57’’

16,5

13,2

4’33’’

17

14,2

4’13’’

17,5

15

4’00’’

18

15,6

3’50’’

 

 

Tabella 1 : conversione dei valori di VAM e soglia anaerobica.

Spero, alla fine di tutto questo, di aver raggiunto lo scopo che mi prefiggevo accingendomi a scrivere quest’articolo, che era quello di sperare di convincere, almeno qualcuno, non certamente tutti, che in fin dei conti per un lavoro corretto vale ben la pena di fare …. due conti.

COME EQUIPAGGIARE UNA BICICLETTA PER IL TEST DI BRUE

Mi ricordo ancora le prime volte che mi sono cimentato nel test di Brue, il protocollo classico prevede che il malcapitato ciclista debba, utilizzando un rapporto ben preciso, pedalare cadenzando il ritmo grazie ad un dettato sonoro che doveva attentamente seguire utilizzando un walkman che doveva portarsi appresso… facile a dirsi ma non altrettanto facile a farsi. Personalmente lo trovavo veramente scomodo, e nonostante tutta la concentrazione e la buona volontà possibili mi ritrovavo sempre ed immancabilmente fuori tempo, finché un giorno stanco della situazione mi chiesi "perché non equipaggiare con un buon contachilometri, un cronometro che scandisca i minuti ai quali occorre cambiare velocità ed una tabella che ricordi le velocità da utilizzare?…funzionò e tutto diventò estremamente più facile tanto che mi sento di consigliarlo a tutti. Nella fotografia potrete vedere il "cruscotto" della bicicletta che uso abitualmente per i test… facile come l’uovo di Colombo.

 

 

Figura 7: la bicicletta specificatamente equipaggiata per il test di Brue. 1) contachilometri. 2) contapedalate. 3) cronometro. 4) tabella di riferimento per le variazioni di velocità

Che cosa sono la VAM ed il massimo consumo di ossigeno?

Il massimo consumo di ossigeno, in sigla VO2max, espresso in ml di O2 . ml-1 .min-1, rappresenta appunto il massimo consumo di ossigeno di cui il nostro organismo può usufruire, onde per cui se volessimo, "volgarizzare" il concetto, potremmo dire che il VO2max rappresenta la "cilindrata" del nostro motore aerobico. La Velocità Aerobica Massimale (VAM) rappresenta la velocità alla quale il nostro organismo raggiunge il massimo consumo di ossigeno, sempre per "volgarizzare" quindi, la VAM rappresenta la velocità alla quale il nostro "motore aerobico raggiunge il massimo dei giri".

 

 

 

 

GN. Bisciotti , JM. Sagnol , E. Filaire
Aspetti bioenergetici della corsa frazionata nel calcio. SdS. 50: 21-27, 2000.

Brue F.

Une variante du test progressif et maximal de Lèger et Boucher: le test de vitesse maximale aérobie derrière cicliste (test VAM). Bullettin medical de la Fédération Française d’Athlétisme7 : 1-18, 1985.

L. Léger, R. Boucher
An indirect continuous running multistage field test : The Université de Montreal Track Test. Can J Appl Sports Sci. 5: 77-84, 1980.

   
                     
                     
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