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Argomento:
Metodologia dell'allenamento nel calcio
Data:
2002
Testata:
Il Nuovo Calcio. 117: 102-107, 2002
 

Le basi della forza
di Gian Nicola Bisciotti
Un’analisi delle reali necessità del calciatore e una strategia articolata in più tappe per ottenere i migliori risultati in allenamento senza correre rischi inutili.

L’aumento delle capacità di forza è legato a fattori di tipo strutturale e nervoso, oltre che a parametri direttamente connessi con le proprietà elastiche del complesso muscolo tendineo. Per comprendere meglio le basi neurofisiologiche su cui si fonda l’incremento delle capacità di forza del muscolo



scheletrico, prenderemo ora brevemente in esame i tre fattori sopra indicati (figura 1), considerando anche il loro diverso "peso" nell’ambito della metodologia dell’allenamento rivolta all’incremento della forza.

I fattori strutturali
Possono essere suddivisi in tre categorie principali, la prima comprende quelli legati all’ipertrofia muscolare, la seconda quelli connessi alla tipologia delle fibre,mentre la terza riguarda i parametri correlatialla struttura sarcomerale del muscolo.

Il fattore ipertrofico
L’ipertrofia muscolare, è dovuta a numerosecause e le principali sono:
l’aumento del diametro delle miofibrille;
l’aumento del numero delle miofibrille all’interno del muscolo;
l’aumento di tessuto connettivo;
l’aumento della vascolarizzazione.
Il possibile aumento del numero dellefibre è determinato dal meccanismo conosciutocon il nome d’iperplasia. L’iperplasia,anche se accertata sull’animale, èancora motivo di discussione e di parericontrastanti per ciò che riguarda l’uomo.La sezione traversa del muscolo scheletrico(Cross Sectional Area, CSA) è direttamentecorrelata alla forza estrinsecabileda quest’ultimo. In altre parole, piùGian Nicola Bisciottile basidellafforzagrande è il volume del muscolo, maggioresarà la forza che quest’ultimo puòprodurre. Questo concetto è facilmentecomprensibile grazie a un esempio poco"fisiologico". Se noi prendiamo un vecchioestensore a molle, riusciremmo facilmentea estenderlo se lo utilizziamocon una sola molla, ma se cominciamoad aggiungerne, il compito sarà semprepiù difficoltoso. L’estensore, infatti, conl’aggiunta di una molla dopo l’altra, opporràsempre maggior resistenza, ossia,"umanizzando il concetto", diverrà semprepiù forte.
Nel muscolo scheletrico avviene più omeno la stessa cosa: l’aumento in volume(ipertrofia) — o come alcuni autorisostengono anche nel numero (iperplasia)dei suoi elementi (le fibre) — che siverifica in parallelo, proprio come nelcaso dell’estensore, permetterà un aumentodella produzione di forza da partedel muscolo stesso. Quest’importantecorrelazione che si riscontra tra il volumedel muscolo e le sue capacità contrattili,si verifica però sino a un certo limited’ipertrofia. Oltre, infatti, il volume muscolarepuò continuare ad aumentare, male capacità di forza cresceranno in modomeno evidente. Questo fenomeno è palesenel caso dei culturisti, che sono appuntogli "specialisti" dell’ipertrofia,atleti senza dubbio forti ma comunquemeno di altri, come ad esempio i sollevatori di peso, che possiedono delle masse muscolari meno ipertrofiche.Quest’appiattimento della curva che descrivela relazione tra volume muscolaree forza, è dovuto principalmente al fattoche, oltre un certo limite di volume muscolare,i muscoli pennati e bipennati(nei quali le fibre s’inseriscono obliquamenterispetto all’asse centrale come lepiume sull’ala di un uccello, da qui illoro nome) subiscono un forte cambiamentodell’angolo di pennazione, che divienesempre più sfavorevole, limitandole possibilità di espressione di forza daparte del muscolo (figura 2).


Il fenomeno ipertrofico (figura 3) è legatoa una forte deplezione delle scorteenergetiche muscolari, ragione per cui iltempo di contrazione, ossia di lavoro,all’interno di ogni serie deve essere relativamente lungo, nell’ordine di 20-25 se
condi, e il recupero non del tutto completo,circa 1’-1’30’’. L’entità ideale delcarico da utilizzare è di circa il 70% diquello massimale, con questo tipo di resistenzaè infatti possibile eseguire circa10 ripetizioni, a una velocità molto "controllata",per un lavoro totale di circa 20secondi. La pausa di 1’ - 1’30’’ in questecondizioni è ideale, non permette infattiun recupero completo per ciò che riguardai substrati energetici, ma è comunquesufficiente per consentire una successivaserie di lavoro. Molti autori indicano in10 il numero ideale di serie atte a un aumentodell’ipertrofia muscolare, tuttaviaaltri sottolineano il fatto che, soprattuttoper ciò che riguarda i "piccoli" gruppimuscolari (come ad esempio bicipiti otricipiti), potrebbe essere eccessivo, sarebbequindi preferibile un lavoro ad"alta intensità" con recuperi ridotti ma che comporti un numero inferiore di serie, in genere al massimo sei.

La tipologia delle fibre
Come è noto, le fibre rapide (FT), soprattuttole glicolitiche pure (FTb), posseggonouna maggior capacita contrattilerispetto a quelle di tipo ossidativo (ST).La forza prodotta durante una contrazionedi tipo tetanico da parte di una fibradi tipo ST, è infatti dell’ordine di circa140 mg contro i circa 700 che possonoessere prodotti da una di tipo FTb. Perquesto motivo le unità motorie (UM)composte da fibre ST possono esercitareuna tensione dell’ordine di 2-13 grammi,mentre le UM composte da fibre FTbsono in grado di produrre dai 30 ai 130grammi di tensione. Inoltre, come abbiamoprima ricordato a proposito dell’ipertrofiamuscolare, è importante ricordareche mettere metabolicamente in "crisi" ilsistema muscolare, ossia effettuare unaforte deplezione dei suoi substrati energeticiin tempi brevi con alta intensità dilavoro, significa operare in pieno sistemaanaerobico lattacido. Per tutti questimotivi, sia l’ipertrofia muscolare sia lecapacità di forza massimale (soprattuttonel caso in cui un’alta percentuale diforza debba essere prodotta in tempibrevi, ossia in condizioni di "fora esplosiva"),sono fortemente legate alla tipologiadelle fibre, e una maggiore percentualedi quelle rapide costituisce in questosenso un indiscutibile vantaggio. Ilcambiamento della tipologia delle fibre,soprattutto per ciò che riguarda la possibiletrasformazione di fibre di tipo ST inFT, si rivela però molto improbabileanche se alcuni recenti studi in questocampo sembrerebbero provare il contrario(Andersen e Agard, 2000).

La strutturazionesarcomerale del muscolo
Da tempo è noto come un muscolo immobilizzato in una posizione allungata, andrebbe incontro ad un aumen
to del numero dei propri sarcomeri in serie(Goldspink, 1985). Alla luce di questidati è ragionevole avanzare l’ipotesi cheun lavoro muscolare effettuato nel rispettodella massima escursione articolare,possa sortire degli effetti simili, provocandoun aumento in serie dei sarcomeridei muscoli sollecitati. D’altro canto, èpensabile anche il contrario, ossia che lavorandosistematicamente con escursioniarticolari incomplete, nel muscolo diminuiscanoi sarcomeri in serie.
L’aumento del numero dei sarcomeri inserie, costituirebbe un fattore molto importanteper la capacità di velocità dicontrazione del muscolo, se infatti leforze di un muscolo si sommano in parallelo(come abbiamo visto nell’esempiodell’estensore) è altrettanto vero cheper le velocità si verifica lo stesso fenomeno,maggiore sarà il numero dei sarcomeriquesta volta in serie (e non in parallelocome nel caso della forza), maggiorerisulterà la capacità di accorciamentodel muscolo (figura 4).

Questotipo di adattamento sarebbe di fondamentaleimportanza soprattutto nell’aumentodella capacità di forza veloce edesplosiva del muscolo, non a caso alcunirecenti lavori evidenziano che le fibredel muscolo quadricipite dei velocisti dialto livello sono più lunghe rispetto aquelle dei sedentari. Per cercare di forzarel’adattamento muscolare in tal senso,occorre quindi effettuare gli esercizi dipotenziamento muscolare cercando diosservare il più ampio range di escursionearticolare possibile.

I fattori nervosi
Sono essenzialmente riconducibili altipo di reclutamento seguito dai diversitipi di fibre muscolari durante il movimentonaturale. Un’interpretazione classicadei principi fisiologici che reggonoil reclutamento delle fibre, è data dallalegge di Henneman e coll. (1965) cheenuncia come, indipendentemente daltipo e dalla velocità del movimento considerato, le prime fibre a essere reclutate siano quelle a contrazione lenta.Quest’interpretazione, è stata confortatain seguito anche dai risultati ottenuti daCostill (1980) che, come è possibile notareanche nello schema seguente (figura 5),

mostrano come un movimento effettuato contro una resistenza esterna didebole entità, comporti un reclutamentoselettivo delle fibre di tipo ST, mentre unmovimento effettuato contro un caricoesterno medio, richieda anche l’interventodelle fibre di tipo FTa e come, infine,un movimento effettuato contro un carico esterno di notevole entità richieda l’intervento di tutti e tre i tipi di fibre.Tuttavia, la legge di Henneman è stata rimessain discussione da numerosi autori,nel caso in cui il movimento sia eseguitoin modo balistico, in pratica quando laforza prodotta è direttamente proporzionaleall’accelerazione generata, secondol’equazione F = M · a, nella quale F è laforza espressa in N, M la massa espressain kg e a l’accelerazione espressa in m. s-2e tale forza tenda al valore massimale.In questo caso, le unità motorie rapidepotrebbero essere reclutate direttamente,senza l’intervento di quelle costituite da fibre a contrazione lenta (Grimby e Hannertz, 1977).L’esempio del salto in questo caso è abbastanzadelucidante, poiché nel suosvolgimento la forza espressa è pari acirca il 40% della forza isometrica massimaledel soggetto, tuttavia la forte attivitàelettromiografica registrabile durantequesto tipo di movimento indica unreclutamento selettivo delle fibre a contrazionerapida.Dobbiamo comunque sottolineare che leopinioni in quest’ambito divergono notevolmente,altri autori, infatti, riferisconocome la legge di Henneman sia rispettataanche durante un movimento di tipo balistico(Desmet e Godaux, 1980), mentrealtri ancora ritengono che questo principiodi reclutamento sia rispettato solonel caso di gruppi muscolari aventi, bio- meccanicamente, più funzioni, unicamente nell’espletamento delle proprie funzione principali (Cometti, 1988).Altri due aspetti concernenti la regolazionedi tipo nervoso della produzione diforza, sono costituiti dalla sincronizzazionedelle unità motorie nell’effettuazionedel gesto e dalla coordinazione intermuscolareche si esplica nel gestostesso. Anche in quest’ambito esistonodelle metodologie di allenamento, comelo stato-dinamico o il bulgaro orientatomodificato,che purtroppo per ragioni dispazio non possiamo che ricordare senzaentrare nei dettagli.

Le proprietà elastichedel complessomuscolo-tendineo
Il complesso muscolo-tendineo umanopossiede notevoli proprietà elastiche.Nella fase eccentrica del movimento, infatti,soprattutto il tendine immagazzinaenergia elastica, che poi restituisce sottoforma di lavoro meccanico nella successivafase concentrica.
Durante la fase eccentrica della corsa, adesempio, il tendine di Achille è allungatodi circa il 6%, pari a circa 1.5 cm rispettoalla sua lunghezza iniziale, e restituiscecirca il 90% dell’energia elastica potenzialeimmagazzinata, sotto forma di lavoromeccanico, nella successiva fase concentricadel movimento.
In tal modo, il rendimento muscolarepassa dal 25% a oltre il 40%, l’energia elasticaè infatti "metabolicamente gratuita",per questo motivo riveste un ruolo essenziale, sia nel potenziamento sia nell’economia del gesto del muscolo stesso.Il fatto di eseguire un movimento attraversoun ciclo stiramento-accorciamento(SSC), ottiene come risultato un aumentodella forza, della velocità e della potenzaespressa durante la fase concentrica .L’aumento di questi tre parametri, in ultima analisi, è il vero significato della frase: restituzione di energia elastica.Oltre che con il lavoro pliometrico, le capacitàdi immagazzinamento e restituzionedi energia elastica da parte del complessomuscolo-tendineo, possono essereallenate attraverso l’utilizzo di carichipari a circa il 30-35% del valore di forzamassimale dell’atleta, effettuati alla piùalta velocità esecutiva possibile.

Quale e quanta forza per il calciatore?

Di quale tipo di forza necessità il calciatore?E quanto allenamento di forzadeve svolgere?In primo luogo, il modello prestativo delcalciatore è molto lontano da quello dellottatore o del lanciatore di peso, tipologieatletiche che necessitano di notevoleforza massimale e di altrettanto importanticapacità di forza esplosiva. Non ritengoperciò necessarie metodologie di allenamentodella forza molto "spinte", comead esempio l’eccentrico o il Pletnev (la combinazione di tre o quattro diversi regimidi contrazione). Questi tipi di allenamentorichiedono un "vissuto atletico", intermini di esperienza con i sovraccarichi,che non fa certamente parte del backgrounddella maggior parte dei giocatori. I benefici che si possono tratte da questitipi di lavoro, in termini di miglioramentodella prestazione calcistica, non sono,tutto sommato, proporzionali ai potenzialirischi rappresentati dal possibile eccessivo sovraccarico funzionale. Per il calciatore che voglia avvicinarsi all’allenamento della forza con l’utilizzo dei sovraccarichi, consiglierei un approccio graduale e soprattutto metodologicamente razionale e articolato in 3 tappe.

1° tappa: definibile di "consolidamento tecnico e condizionamento muscolare generale". In questo periodo, che può variareda 4 a 6 settimane, si deve acquisireuna buona tecnica esecutiva in tutte leesercitazioni proposte nel piano di lavoro,nonché conseguire un condizionamento muscolare di base che permetta inseguito di affrontare più agevolmente i lavori più specialistici. La metodologia di lavoro di questo primo periodo, che possiamo definire propedeutico, è senz’altro da basarsi sulla contrazione concentrica, effettuata a velocità controllata, allo scopo di sensibilizzare il movimento e il gruppo muscolare interessato. Giudicherei errato, in chi si avvicina per la prima volta alla pratica dell’allenamento di muscolazione, ricercare subitoun movimento esplosivo, si rischierebbe di cadere in una cattiva esecuzione tecnica dell’esercizio, accompagnata da una scarsa "sensibilità" muscolare nei confrontidello stesso.

2° tappa: dopo aver acquisito una buona padronanza esecutiva degli esercizi unita a un altrettanto soddisfacente sensibilità muscolare e a un buon consolidamento dei carichi utilizzati nelle esercitazioni stesse — si possono introdurre metodiche che pongano l’accento sulla forza esplosiva. Particolarmente adatti aquesto scopo il metodo bulgaro, quello contrasto o un metodo di incremento classico della potenza che vede l’utilizzo di carichi pari a circa il 50% di quello massimale, eseguiti a velocità massimale. In questo caso, la serie è interrotta non appena la velocità esecutiva tende a calare visibilmente, o ancor meglio se l’intera serie viene "monitorizzata" grazie a un apparecchiatura in grado di fornire in tempo reale la potenza espressa.
Un ottimo complemento per questo tipodi lavoro è un programma di trasformazionein forza speciale, a base di balzi,andature elastiche, sprint, e/o di forzaspecifica, basato su gesti tecnici come ilcalciare, il colpire di testa…

3° tappa: contestualmente alla seconda tappa — che prevede l’introduzione dimetodologie di lavoro atte all’allenamento della forza esplosiva con conseguente trasformazione in forza speciale e/o specifica — occorre inserire un secondo tipo di lavoro che ponga l’accento sulla resistenza alla forza veloce.
Ricordate quanto detto nell’articolo apparsosu questa stessa rivista nel numerodi marzo 2001 intitolato "Come salvarsidal terremoto"? Mi sembrano particolarmente indicati a questo scopo i circuiti d itipo "intermittente-forza", impostati sulla falsa riga di quelli riportati nell’articolo in questione.
A questo punto, qualcuno potrebbe sollevare un’eccezione più che legittima: con questo tipo di lavoro non si allena né la potenza aerobica né la forza. Verissimo, ma è altrettanto vero il fatto che la potenza aerobica merita sempre e comunque un posto ben preciso nel microciclo settimanale di allenamento e che la forza dovrebbe essere già allenata singolarmentee in modo specifico con la metodologia illustrata alla seconda tappa.
Di conseguenza,l’intermittente-forza non è un melange mal riuscito tra forza e potenza aerobica, ma al contrario un ottimo metodo per allenare la forza veloce in regime di fatica, concetto che farà anche storcere il naso ai puristi dell’allenamento ,ma che, ahimè per loro, ricalca esattamente quello che fisiologicamente avviene in situazione di gioco.

 

 

Henneman E., Somjen G., Carpenter
DO. — Functional significance of cellsize in spinal motoneurons — JNeurophysiol. 28: 555-560, 1965.

Grimby L., Hannertz J. — Firing rate and recruitement order of toe extensormotor units in different modes ofvoluntary contraction — Journal ofPhysiology. 264: 865-878, 1977.

Costill DL., Coyle EF., Fink FW., Lesmes GR., Witzman FA. —Adaptation in skeletal muscle followingstrength training — J Appl.Physiol. Respirat. Environ. Exerc.Physiol. 46: 69-)), 1979.

Andersen J., Agard D. — Myosyn heavy chain IIX overshoot in humanskeletal muscle — Muscle & Nerve. 23(7): 1095-1104, Luglio 2000. Goldspink G. — Malleability of the motor system: a comparative approach

Journal of Experimental Biology.
   
                     
                     
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