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  Prima Pagina
       
   
Argomento:
Fisiologia e biomeccanica
Data:
2001
Testata:
Medicina dello Sport. 53(2): 125-135, 2000
 
Analisi delle caratteristiche elastiche dell’unita’ muscolo tendinea e delle capacita’ di equilibrio di due diverse tipologie atletiche
di Bisciotti Gian Nicola Ph D.(1)(2), Scanavino Andrea(1), Trevisson Paola(1), Necchi Pierino(3), Kratter Gioachino(1), Gaudino Claudio(1), Sagnol Jean Marcel Ph D. (2)
  1. Istituto Superiore di Educazione Fisica di Torino (I)
  2. Facoltà di Scienze dello Sport Università di Lione, Département Entraînement et Performance (F)
  3. I.P.S.I.A., Pontremoli (I)

Abstract:

Nel presente studio sono state confrontate le proprietà elastiche del quadricipite femorale e del tricipite crurale di due gruppi di atleti, sette sprinter e sette mezzofondisti di livello nazionale nell’ambito dell’atletica leggera. La stiffness neuro-muscolare è stata calcolata attraverso una nuova metodica di calcolo1che si basa sulla registrazione dei tempi di contatto e dei tempi di volo durante l’esecuzione del test di Rebound Jump 10’ effettuato su pedana di Bosco. I due gruppi hanno presentato diverse caratteristiche di elasticità, da ricondursi alla tipicità dell’attività sportiva svolta. Gli sprinter infatti hanno fatto registrare una maggior stiffness (p<0.05) a carico del quadricipite femorale rispetto ai mezzofondisti, mentre nessuna differenza è evidenziabile tra i due gruppi per ciò che concerne il tricipite crurale. Dai dati desunti è possibile desumere come lo studio delle caratteristiche elastiche dell’unità muscolo-tendinea possa rivelarsi utile non soltanto nell’ambito della ricerca, ma anche in funzione di una razionalizzazione della metodologia di allenamento. Inoltre le caratteristiche elastiche della muscolatura degli arti inferiori sono state messe in relazione con le capacità di equilibrio, indagate attraverso l’utilizzo di una tavoletta basculante a fulcro mobile (Delos Equilibrium Board) interfacciata ad un computer, che permetteva l’acquisizione dei dati relativi ai gradi di inclinazione della tavola stessa con una frequenza di campionamento pari 100 Hz. Le capacità di equilibrio in tal modo indagate si sono rivelate indipendenti dalle qualità elastiche del sistema. Questi dati testimonierebbero quindi come la gestione ottimale delle capacità di equilibrio sia piuttosto da ricondursi ad abilità di tipo prettamente coordinativo.

INTRODUZIONE

Le caratteristiche elastiche del muscolo scheletrico costituiscono un fattore importante nel campo del controllo motorio e bioenergetico della locomozione 2 3 4 5 6

La comprensione del ruolo e dell’importanza del comportamento elastico della struttura muscolo-tendinea implica una rigorosa analisi di tipo biomeccanico che si basa concettualmente sull’applicazione della legge di Hooke riguardante i materiali elastici, secondo la quale il comportamento elastico di una struttura è caratterizzato dalla relazione intercorrente tra la sua deformazione e la forza applicata sulla struttura stessa.

Nel caso di una molla lineare ideale, una deformazione D L è una funzione lineare della forza D F:

D F = k · D L

dove k è la costante di rigidità della molla. La rigidità o stiffness (k) di un sistema elastico è costituita quindi da una variazione di forza su di una variazione di lunghezza (D F/D L), l’inverso di questa costante (D L/D F) rappresenta l’estensibilità del sistema.

Le caratteristiche elastiche del muscolo possono riferirsi, sia ad un’elasticità di tipo "globale", determinata dall’interazione di tutte le componenti muscolari e riguardante proprietà appartenenti all’intera unità muscolo-tendinea, sia ad un’elasticità propria della componente elastica seriale del muscolo (SEC), in questo secondo caso si fa riferimento alle caratteristiche elastiche della sola SEC. 7

Le caratteristiche elastiche, sia della SEC, che del sistema muscolare in toto, sembrerebbero essere un fattore fortemente correlato alle modalità di produzione di forza da parte del muscolo stesso.

Infatti, nel corso di un movimento che preveda una fase di stiramento-accorciamento (SSC), il meccanismo di stoccaggio e di restituzione di energia elastica da parte della SEC verrebbe enfatizzato da un’unità muscolo-tendinea (UMT) di estensibilità e rigidità ottimali, tale da essere in grado di poter immagazzinare una quota soddisfacente di energia elastica ed allo stesso tempo capace di restituirla sotto forma di lavoro meccanico minimizzando l’effetto di termodispersione 8 9 (fig. I).

Le caratteristiche elastiche ideali della SEC sembrerebbero propendere verso la parte distensibile del continuum elastico10 11 soprattutto in movimenti effettuati a velocità non eccessivamente elevate e con tempi di passaggio tra la fase eccentrica e la fase concentrica relativamente lunghi. 12

Al contrario una maggior rigidità dell’UMT sarebbe significativamente correlata alla performance di tipo concentrico ed isometrico. 11 13

Infatti, poiché l’unità muscolo-tendinea rappresenta il legame funzionale tra lo scheletro ed il sistema muscolare,14 durante movimenti concentrici od isometrici un complesso muscolo-tendineo più rigido sarebbe in grado di trasmettere più efficacemente e più rapidamente la forza generata. 15

Tuttavia altri studi dimostrerebbero, al contrario, come un aumento della performance nelle esercitazioni che coinvolgono gli arti inferiori e che prevedano un SSC, sia contemporanea ad una diminuzione significativa dell’estensibilità della SEC.9 Una spiegazione a questo fenomeno potrebbe risiedere nel fatto che una struttura più rigida, trasmettendo più rapidamente le tensioni, 16 17 potrebbe contribuire a diminuire la durata della fase di transizione tra la fase eccentrica e quella concentrica del movimento, minimizzando in tal modo l’effetto di termodispersione. 18

Inoltre, secondo alcuni autori, una maggior stiffness sarebbe in grado di potenziare l’espressione meccanica del riflesso da stiramento. 19

E’ importante comunque notare come la rigidità muscolare aumenti all’aumentare della forza;7 20 21 22 23 infatti la relazione tra rigidità muscolare e forza risulterebbe fortemente dipendente dal numero di unità motorie attive implicate nella contrazione stessa.24 Per questo motivo la massima capacità di produzione di forza da parte del muscolo potrebbe essere un fattore importante nella determinazione del grado di rigidità dell’UMT. 25

Anche la tipologia delle fibre mostra differenti caratteristiche di rigidità: sperimentazioni effettuate sul muscolo isolato,26 27 28, malgrado critiche fondate29, tendono a dimostrare come una rigidità elevata possa essere associata alle caratteristiche meccaniche tipiche delle fibre di tipo lento in virtù di una maggior presenza di tessuto connettivale; al contrario, una maggior percentuale di fibre rapide nel muscolo, sarebbe associata ad un aumento della sua estensibilità. 28 30 31 32

Questa differenza di caratteristiche elastiche in rapporto alla tipologia delle fibre, potrebbe essere anche attribuita al ritmo di formazione e di rilasciamento dei ponti actomiosinici. 24 33

La rigidità dell’UMT determina inoltre, insieme alla massa, la frequenza di risonanza del sistema considerato. Qualsiasi struttura vibra ad una sua frequenza naturale di oscillazione attorno alla propria posizione di equilibrio. Il complesso muscolare è un sistema vibrante la cui frequenza di oscillazione f è dipendente dal suo grado di rigidità k e dalla sua massa m ed è calcolabile attraverso la seguente formula:

Lo scopo del presente studio è appunto rivolto da un lato all’indagine delle caratteristiche neuromuscolari, valutate attraverso le caratteristiche elastiche dell’UMT di due gruppi di atleti che possiedono delle caratteristiche neuromuscolari sostanzialmente diverse, come gli sprinter ed i mezzofondisti nell’ambito dell’atletica leggera, e dall’altro allo studio della possibile inter-relazione tra caratteristiche di rigidità dell’UMT e la capacità di equilibrio.

Infatti una maggiore frequenza di oscillazione, che comporterebbe a sua volta una accresciuta termodispersione da parte del sistema, potrebbe teoricamente favorire il ritorno allo stato di quiete del sistema stesso e quindi influenzare il mantenimento od il ripristino dello stato di equilibrio.

Le capacità di equilibrio infatti potrebbero essere interpretate sia alla luce di un’ottimale gestione delle capacità coordinative,34 35 sia attraverso una strutturazione particolare e quindi un altrettanto particolare risposta funzionale del sistema neuromuscolare nei confronti delle sollecitazioni esterne.

PROTOCOLLO E METODI

Soggetti

Sono stati presi in considerazione due gruppi di atleti costituiti rispettivamente da 7 fondisti (GF) di livello nazionale la cui età, peso ed altezza erano rispettivamente di: 20.2 ± 2.4 anni (media ± deviazione standard), 70.1 ± 6.2 kg, 183.7 ± 4.2 cm e da 7 sprinter (GS) anch’essi di livello nazionale di età, peso ed altezza rispettivamente di: 21.8 ± 2.5 anni, 73.5 ± 8.2 Kg, 179.2 ± 4.6 cm.

Tutti i soggetti hanno mantenuto nel periodo del test la loro normale attività di allenamento e nessuno di loro presentava patologie di tipo dermatologico, muscolare o neuromuscolare. Inoltre tutti gli atleti che hanno preso parte al protocollo di test erano stati preventivamente informati sullo scopo della ricerca e sui possibili rischi ad essa connessi.

Test su Pedana di Bosco

Ogni atleta, dopo un’adeguata fase di riscaldamento, eseguiva su una pedana a conduttanza (Ergo Jump Bosco System â ) la seguente batteria di test:

Rebound Jump 10’’ a gambe tese (RJ t.)

Rebound Jump 10’’ a gambe piegate a 90° (RJ 90°).

La procedura dei vari test si atteneva alla procedura standard relativa al test di Bosco36

La batteria di test è stata randomizzata per ogni soggetto. Per ogni test veniva registrata l’altezza media (h), il tempo di contatto (TC) e il tempo di volo (TV) relativo ad ogni salto.

Attraverso i valori di TC e TV registrati durante il Test di RJ t. è stato possibile calcolare la rigidità muscolo-tendinea riguardante prevalentemente il tricipite crurale (Rig. t-c) mentre utilizzando i valori di TC e TV registrati durante il Test di RJ 90° è stato possibile calcolare la rigidità muscolo-tendinea inerente principalmente il quadricipite femorale (Rig. q).

In entrambi i calcoli è stata utilizzata la seguente formula: 1

(1)

Test di equilibrio

Il test di equilibrio prevedeva l’utilizzazione di una particolare apparecchiatura (Delos Equilibrium Board) costituita da una tavoletta basculante a fulcro mobile (fig. II) interfacciata ad un computer che permetteva l’acquisizione dei dati relativi ai gradi di inclinazione della tavola stessa con una frequenza di campionamento pari a 100 Hz (fig. III).

Il test veniva eseguito con le seguenti modalità:

Il soggetto si poneva sulla tavola stessa in equilibrio monopodalico, alternativamente con la gamba destra e con la sinistra, le mani vincolate ai fianchi. La gamba libera durante il test era vincolata alla gamba di appoggio in modo da minimizzare la componente di oscillazione. Il basculamento della tavola era bloccato per mezzo di un carrellino scorrevole posto al disotto della stessa. All’inizio del test il carrellino veniva sfilato da un operatore ed il soggetto doveva mantenere per un tempo limite, fissato in un massimo di 30", la posizione di equilibrio. Qualsiasi punto di basculamento della tavola era considerato come un punto di equilibrio stabile a condizione che a tale punto non si registrasse un basculamento apprezzabile della tavoletta stessa. Con questo concetto è stato fissato arbitrariamente un indice di tolleranza di basculamento in rapporto al punto di equilibrio considerato. Per poter fissare tale indice è stata concettualizzata una modellizzazione del sistema atleta-tavoletta riportata in fig. IV. In tale modellizzazione è stata considerata l’inclinazione relativa all’asse unente le due spine iliache antero-superiori in relazione al basculamento laterale della tavola di equilibrio.

L’indice di tolleranza scelto è stato pari a 0.5° che corrispondea ad un’inclinazione della linea unente le due creste iliache rispetto all’asse sagittale di 0.372 ± 0.01 cm.. In tal modo venivano effettuate 2 prove per gamba ed ai fini statistici veniva contabilizzata la prova nella quale il soggetto faceva registrare il maggior tempo di mantenimento dell’equilibrio.

Da tale prova veniva estrapolato il tempo di basculamento (TB) (rientrante nell’ordine di tolleranza di 0.5°) all’interno del primo secondo dall’inizio del test escludendo, dal momento dello sbloccaggio della tavoletta, i primi 500 ms. considerati come primo tempo di adattamento alle nuove condizioni di equilibrio venutesi a creare.

Calcolo della frequenza di risonanza del sistema

La frequenza di risonanza del sistema, modellizzato sul principio dello Spring Mass Model,37 (fig. V) è stata calcolata per ogni soggetto attraverso la seguente formula:

(2)

in cui k è la rigidità degli arti inferiori calcolata con la (1) (sia a carico tricipite crurale che a carico del quadricipite femorale) ed m è la massa dell’atleta.

Statistica

Per ogni variabile e condizione considerata sono stati calcolati gli indici statistici ordinari come media, deviazione standard e varianza.

La differenza dei gruppi è stata testata attraverso un test non parametrico di Mann — Whitney.

Infine è stata effettuata una regressione lineare semplice, utilizzando il metodo di minimizzazione dei minimi quadrati, tra i valori di frequenza di risonanza ed i valori di mantenimento di un punto di equilibrio stabile registrati.

La significatività statistica è stata fissata a p < 0.05.

RISULTATI

Dati relativi alle caratteristiche elastiche dell’UMT

La Rig. q del gruppo GS è risultata pari a 81.17 ± 21.88 N · m-1 · kg-1

La Rig. q del gruppo GF è risultata pari a 55.51 ± 12.62 N · m-1 · kg-1

La differenza è risultata statisticamente significativa (p<0.05).

La Rig. t-c del gruppo GS è risultata essere uguale a 460.55 ± 53.02 N · m-1 · kg-1

La Rig. t-c del gruppo GF è risultata essere uguale a 462.88 ± 113.43 N · m-1 · kg-1

La differenza tra le medie non è risultata statisticamente significativa.

Dati relativi all’inter-relazione tra le caratteristiche elastiche dell’UMT e le capacità di equilibrio

I valori di frequenza di risonanza calcolati con la (2) utilizzando il coefficiente Rig. q sono risultati pari a 1.64 ± 0.23 Hz e 1.39 ± 0.18 Hz rispettivamente per il gruppo GS e per il gruppo GF.

La differenza tra le medie non è risultata statisticamente significativa.

I valori di frequenza di risonanza calcolati con la (2) utilizzando il coefficiente Rig. t-c sono risultati pari a 3.95 ± 0.38 Hz e 4.04 ± 0.65 Hz rispettivamente per il gruppo GS e per il gruppo GF.

La differenza tra le medie non è risultata statisticamente significativa.

Il tempo di recupero di un punto di equilibrio stabile (TB) è risultato essere pari a 30 ± 10.40 ms nel

gruppo GS e 38.57 ± 10.69 ms nel gruppo GF.

La differenza tra le medie non è risultata statisticamente significativa.

Nessuna correlazione statisticamente significativa è stata registrata tra i valori di frequenza di risonanza ed i dati relativi all’equilibrio.

DISCUSSIONE

Caratteristiche elastiche dell’UMT

L’adozione del protocollo di test sopradescritto ha permesso di quantificare la stiffness neuromuscolare degli arti inferiori diversificandola per ogni soggetto in un valore di rigidità prevalentemente a carico del quadricipite femorale (Rig. q) ed in un secondo valore concernente principalmente il valore di rigidità a carico del tricipite crurale (Rig. t-c). Questo dato ci sembra particolarmente interessante, in quanto, a nostra conoscenza, non esiste a tuttora in bibliografia una simile differenziazione. I valori di Rig. t-c registrati nel presente studio sia per il gruppo GS (33.70 ± 4.06) kN.m-1 (range 29.31 — 41.37), che per il gruppo GF (31.92 ± 5.52) kN.m-1 (range 25.12 — 39.46) sono ben paragonabili ai dati di un precedente studio dove si registrano valori di Rig. t-c pari a 27.70 ± 3.94 kN.m-1 (range 22.31 — 33.65) relativi ad un gruppo di sciatori slalomisti di livello nazionale e di 32.64 ± 7.56 kN.m-1 (range 26.36 — 51.63) relativi ad un gruppo di sciatori fondisti anch’essi di livello nazionale. 38

Parallelamente anche i valori di Rig. q da noi registrati sia per il gruppo GS (5.98 ± 1.85 ) kN.m-1 (range 3.72 — 9.02), che per il gruppo GF (3.88 ± 0.86) kN.m-1 (range 3.04 — 4.88) sono confrontabili con i dati di rigidità relativa alla muscolatura estensoria degli arti inferiori dei due sopracitati gruppi di sciatori i cui valori sono stati pari a 4.76 ± 0.89 kN.m-1 (range 3.86 — 6.5) per ciò che riguarda gli sciatori slalomisti, e 4.27 ± 0.99 kN.m-1 (range 3.02 — 6.16) per quanto riguarda gli sciatori fondisti. Il primo dato che ci sembra interessante sottolineare scaturisce appunto dal confronto dei valori di rigidità muscolo-tendinea tra gli sprinter ed i mezzofondisti nell’ambito dell’atletica leggera ed i fondisti e gli slalomisti nell’ambito dello sci.

Lo sprinter è caratterizzato, all’opposto del mezzofondista, da una forte rigidità del complesso muscolo—tendineo del quadricipite femorale; al contrario, non si evidenzierebbero differenze statisticamente significative a livello della rigidità del complesso muscolare gamba-caviglia.

Negli sciatori invece, i fondisti presenterebbero una rigidità muscolare del complesso gamba-caviglia nettamente superiore a quella fatta registrare dagli slalomisti e nessuna differenza di rigidità muscolare apparirebbe a carico del quadricipite femorale (per maggiori approfondimenti vedi 38).

Queste differenze di rigidità dell’UMT in funzione della specialità sportiva praticata potrebbero testimoniare come la rigidità neuromuscolare verrebbe fortemente influenzata dalla specificità biomeccanica del gesto abitualmente riprodotto dall’atleta e dai pattern di attivazione muscolare che costituiscono il sovraccarico funzionale tipico dell’attività sportiva svolta.8 39 40

Nell’ambito del presente studio il fatto che il gruppo GS mostri dei valori di Rig. q maggiori rispetto al gruppo GF (p<0.01) e che i TV registrati dal gruppo GS durante i test RJ t. e RJ 90° siano risultati significativamente maggiori rispetto ai valori fatti registrare dal gruppo GF (p<0.05), possono avvallare l’ipotesi, già avanzata da altri autori, 9 secondo la quale una maggior rigidità neuro-muscolare potrebbe ottimizzare un movimento effettuato in SSC trasmettendo più rapidamente la forza muscolare e diminuendo la fase di inversione del movimento. Tale ottimizzazione potrebbe anche essere giustificata da un potenziamento del riflesso da stiramento indotto dalla maggior rigidità muscolo-tendinea. 19

La diversa conclusione alla quale giungono altri autori, 12 che attribuirebbero ad un’aumentata distensibilità della SEC il potenziamento di un movimento che preveda un SSC, potrebbe attribuirsi al fatto che tali considerazioni si riferiscono a studi effettuati sull’esercizio di bench press, ossia a movimenti effettuati a velocità non eccessivamente elevate e con tempi di inversione tra la fase eccentrica e quella concentrica relativamente lunghi.

I dati del presente studio quindi ci permetterebbero di avanzare l’ipotesi che la rigidità dell’UMT relativa ai muscoli estensori della gamba sulla coscia, sia uno dei principali parametri discriminanti per ciò che riguarda le espressioni di forza esplosiva in movimenti effettuati attraverso SSC, eseguiti a velocità elevate e con tempi brevi di inversione tra la fase eccentrica e quella concentrica, come il salto con contromovimento o lo sprint.

Nessuna differenza significativa di rigidità e stata registrata tra i due gruppi per ciò che riguarda il tricipite crurale. Questo dato può essere spiegato considerando che, come già ipotizzato da altri autori, 41 i muscoli monoarticolari come il vasto laterale sarebbero responsabili della produzione di potenza, mentre i muscoli biarticolari come il gemello laterale sarebbero responsabili soprattutto del transfert di questa potenza tra i differenti segmenti corporei, svolgendo principalmente il ruolo di "transduttori di forza".

Dai dati in nostro possesso sembrerebbe inoltre che i muscoli "propulsivi" come il quadricipite femorale, responsabili della produzione di potenza, siano meno rigidi (p<0.05), rispetto ai "trasduttori" come il tricipite crurale probabilmente in ragione della necessità di aumentare lo stoccaggio di energia elastica durante la fase eccentrica del movimento.

Dal momento che la rigidità, soprattutto della parte passiva della SEC, mostra una certa plasticità nei confronti degli stimoli meccanici e metabolici dell’allenamento40 soprattutto in rapporto ad un’intensa attivazione muscolare di tipo isometrico ed eccentrico, 8 39 un incremento della rigidità della muscolatura estensoria degli arti inferiori, rivolta alla massimalizzazione della performance, potrebbe essere ottenuta negli sprinter attraverso l’integrazione programmata di tali metodiche nel piano di allenamento.

Ovviamente le caratteristiche di rigidità dell’UTM andrebbero enfatizzate sino al punto in cui un loro ulteriore incremento, pur ottimizzando la restituzione di energia elastica nel corso dello SSC, non influisca negativamente sulle capacità di stoccaggio di quest’ultima da parte della SEC.

Fondamentale resta quindi la ricerca di un compromesso ideale tra la rigidità e la distensibilità dell’UMT, identificabile come il punto ideale, sul continuum elastico del sistema, che permetta un ottimale stoccaggio ed un altrettanto efficace restituzione di energia elastica nel corso di uno SSC.

Per ciò che riguarda la tipologia delle fibre e le loro caratteristiche di rigidità, i dati da noi ottenuti sembrerebbero in contraddizione con quanto riferito da altri autori che attribuiscono alle fibre di tipo lento una maggior rigidità in confronto a quella attribuibile alle fibre veloci26 27 28

Tale differenza di dati può essere spiegata dal fatto che gli studi sopracitati si riferiscono a sperimentazioni su muscolo isolato, che difficilmente possono essere paragonate ad esperienze effettuate su muscolo in vivo in condizioni di attivazione naturale, come nel caso del presente studio43

Inter-relazione tra le caratteristiche elastiche dell’UMT e le capacità di equilibrio

I valori di frequenza di oscillazione da noi ritrovati sono ben paragonabili a quelli ritovabili in un precedente studio sugli effetti delle vibrazioni meccaniche a carico del corpo umano42 nel quale vengono riferite frequenze di oscillazione degli arti inferiori comprese tra i 2 ed i 20 Hz.

I valori di frequenza di oscillazione registrati non mostrano alcuna correlazione statisticamente significativa con il tempo di mantenimento dell’equilibrio registrato sullo strumento Delos Equilibrium Board.

Per cui una maggiore frequenza di oscillazione, che di per se comporterebbe un aumentato effetto di termodispersione, non sembrerebbe favorire il ritorno allo stato di quiete del sistema e risulterebbe quindi ininfluente nei confronti del ripristino dello stato di equilibrio del sistema.

Una possibile spiegazione di ciò potrebbe risiedere nel fatto che ogni struttura oscillante può essere modellizzata attraverso un sistema meccanico che preveda una massa, una molla, ed un elemento di smorzamento o smorzatore (fig. VI).

Quando ad un sistema massa-molla viene aggiunto uno smorzatore, questo dà luogo ad un progressivo decremento nel tempo dell’ampiezza dell’oscillazione libera sino ad estinguerla completamente. La frequenza, che in questo caso diviene una frequenza naturale smorzata di oscillazione, rimane costante ed è pressoché uguale a quella del sistema privo di smorzatore, ossia alla frequenza naturale del sistema

Assimilando l’UTM ad un sistema di questo tipo, l’elemento smorzante è individuabile nelle proprietà viscose del muscolo stesso ed il corrispondente coefficiente di attenuazione può essere calcolato con la seguente equazione: 12

C = 4 p m fn s

In cui fn è la frequenza naturale, m è la massa ed s è la proporzione di smorzamento.

Un incremento del fattore di smorzamento, oltre a causare una leggera diminuzione della frequenza naturale smorzata, comporta un decremento nel tempo dell’ampiezza di oscillazione sino a riportare il sistema allo stato di quiete. Soprattutto quest’ultimo fattore potrebbe giocare un qualche ruolo nel mantenimento o nel ristabilimento della posizione di equilibrio, fermo restando il fatto che, con ogni probabilità, le capacità di equilibrio debbono essere interpretate soprattutto in funzione di un’ottimale gestione delle capacità coordinative34 35

CONCLUSIONI

Le caratteristiche elastiche dell’UMT rivestono un ruolo essenziale nella meccanica del movimento, tuttavia la loro individuazione precisa sul continuum elastico può dipendere da molti fattori: il tipo di contrazione considerata, la durata della fase di inversione nel caso di un movimento che preveda SSC e la velocità del movimento stesso; inoltre le caratteristiche elastiche possono venire fortemente influenzate dal sovraccarico funzionale cronico costituito dall’allenamento stesso.

Si potrebbe quindi concludere che ogni tipo di gesto atletico richiede delle caratteristiche elastiche ottimali dell’UMT che possono essere maggiormente spostate verso la parte distensibile o quella rigida del suo continuum elastico.

Nel caso specifico di questo studio sembrerebbe che un UMT rigida a livello degli estensori della gamba sulla coscia sia una caratteristica peculiare degli sprinter; emergerebbe quindi un interesse specifico nell’inserire nella programmazione dell’allenamento delle metodiche, come quelle basate sulla contrazione eccentrica od isometrica, atte ad aumentare la rigidità di tale complesso.

Inoltre la monitorizzazione della rigidità muscolare, attraverso il semplice test da campo adottato nel presente articolo, può costituire un eccellente mezzo di controllo e di studio dell’influenza della rigidità dell’UMT sulla performance.

Infatti la possibilità di effettuare un continuo controllo su campo delle caratteristiche elastiche dell’UTM, potrebbe fornire delle interessanti informazioni sulle caratteristiche ottimali di rigidità e distensibilità del sistema nei confronti della performance richiesta.

Infine dal presente studio è emerso che le caratteristiche di rigidità dell’UMT non influenzano in modo sostanziale la capacità di mantenere e/o di ristabilire una condizione di equilibrio, la cui gestione ottimale è piuttosto da ricondursi ad abilità di tipo prettamente coordinativo.

 

 

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