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  Prima Pagina
       
   
Argomento:
Atletica
Data:
2000
Testata:
New Athletic Research in Science Sport. 163-164:31-39,2000
 

Effetti periferici e centrali della produzione di lattato e di ammonio
di Gian Nicola Bisciotti (1), Stefano Pucci Stefano (2), E. Bertolini (3)

1)Dipartimento "Entraînement et Performance" Facoltà di Scienze dello Sport , Università Claude Bernard, Lione (F)
2)Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie, Torino (I)
3) Presidio Ospedaliero S. Giovanni Abate, Pontremoli (I)

Abstract

La fatica costituisce il denominatore comune di molte attività sportive, il lattato e l'ammonio sono dei markers fisiologici dell'instaurarsi del fenomeno della fatica nell'organismo; mentre il primo è piuttosto un buon testimone della fatica periferica, il secondo potrebbe essere responsabile del transfert di quest'ultima a livello centrale, data la sua possibilità di permeare la barriera emato-encefalica.

In questo lavoro, vengono trattati brevemente i principali meccanismi di risposta fisiologica legati all'accumulo di lattato e di ammonio, inoltre vengono presentati i dati di un lavoro sperimentale incentrato sullo studio della correlazione intercorrente tra la produzione di lattato e quella di ammonio.



La produzione di lattato

In un ambiente acquoso, come quello ritrovabile all'interno della fibra muscolare, l'acido lattico, si presenta sotto forma dissociata ( uno ione caricato negativamente, La- ed uno ione positivamente, H+), e come quindi sia più corretto definirlo lattato piuttosto che appunto acido lattico.

A questo proposito, una prima distinzione, può essere fatta relativamente alle diverse dimensioni dei due ioni ed alla conseguente loro differente possibilità di fuoriuscire dalla fibra muscolare che li ha prodotti.

In effetti, la perfusione degli H+, dalla fibra muscolare al sangue, avviene circa 30 volte più velocemente rispetto a quella di LA-, proprio in virtù della loro minore dimensione rispetto a questi ultimi (Shepard 1986).

E' altresì importante notare che, l’aumento della concentrazione di H+ nella fibra muscolare, non risulta proporzionale alla loro reale produzione, poiché già nel citoplasma cellulare della fibra stessa sono presenti sostanze-tampone, come ad esempio la carnosina, in grado di tamponare una parte degli H+ prodotti.( Parkhouse e coll., 1985.)

L'aumento della concentrazione degli H+ ,sia a livello muscolare, che a livello ematico, costituisce la causa dell'abbassamento del pH e quindi dell'instaurarsi di un ambiente acido, tali condizioni inibiscono il ruolo degli CA++ nel meccanismo di contrazione muscolare, sino a farla cessare completamente, in presenza di acidità critiche, che nel muscolo possono raggiungere i valori limite di pH 6.3-6.4, od addirittura inferiori a 6.0, come riporterebbero alcuni protocolli sperimentali che hanno utilizzato la risonanza magnetica nucleare (RMN), come metodo di indagine (Sahlin, 1978).

Al contrario lo ione LA- deve essere considerato come una fonte di energia chimica di cui l’organismo può ancora servirsi, soprattutto nel corso di attività moderata.

Infatti il destino metabolico LA- può essere schematicamente riassunto come segue:

  • un piccolo quantitativo viene escreto con l’urina e con il sudore (Arcelli, 1995; Fox e coll., 1995)
  • una quota leggermente superiore, ma comunque estremamente esigua, viene convertita chimicamente in proteine durante la fase di recupero immediatamente successiva all’esercizio ( Fox e coll., 1995)
  • Una apprezzabile quantità può essere riconvertita in glicogeno, sia nel fegato, che nel muscolo scheletrico (Arcelli, 1995; Fox e coll., 1995)
  • infine un quantitativo considerevole, viene ossidato in CO2 ed H2O ed utilizzato a fini energetici (Buono e coll., 1984), come combustibile metabolico dal muscolo scheletrico, dal miocardio, che trae oltre il 50 % dell’energia necessaria a contrarsi dal lattato ad intensità di lavoro pari al 70 % del VO2 max. (Arcelli, 1995) , dal cervello, dal fegato e dai reni. (Arcelli, 1995; Fox e coll., 1995; Buono e coll., 1984). A questo proposito è interessante ricordare come Brooks (1985) abbia ipotizzato la teoria dell’ "effetto shuttle" del lattato, considerando la fuoriuscita di quest'ultimo dalle fibre muscolari, come un mezzo di mobilizzazione e ridistribuzione delle scorte energetiche.

La maggior parte degli effetti negativi del lattato, nell'insorgenza della fatica muscolare, sono dunque causati dalle alte concentrazioni di H+ ,create dalla dissociazione dell’acido lattico nei due ioni; infatti, oltre l’85 % dell’ H+ libero è generato dalla dissociazione dell’acido lattico (Sahlin 1982 ). L’aumento della concentrazione di ioni idrogeno determina un aumento dell’acidità e l’abbassamento del pH che, nella cellula muscolare, come abbiamo già avuto modo di vedere, può passare da valori di 6,9 sino a 6,3 e forse ancor meno e nel sangue da 7,4 fino a 6,9. Una simile acidità può essere pericolosa per la cellula, motivo per cui, subentrano sistemi di difesa che, in ultima analisi, comportano l’arresto della contrazione o la riduzione dell’intensità dell’esercizio (Bosco e Viru, 1996)

L'eccessiva concentrazione di ione H+ determina infatti , sia un’inibizione della fosfofruttokinasi (PFK), enzima che catalizza una delle reazioni della glicolisi anaerobica, limitando il rifornimento energetico alla cellula , sia un'inibizione nei confronti degli Ca++, ostacolando anche in questo modo la possibilità di proseguire un lavoro troppo intenso.

Nonostante ciò, il ruolo del pH nella fatica muscolare non è ancora ben stabilito, ed il suo abbassamento nel muscolo potrebbe non essere sempre decisivo nello sviluppo della fatica (Bangsbo, 1995) anche se, il decremento della produzione di potenza, normalmente viene associato con il basso pH intramuscolare e viene attribuito proprio all’inibizione della via glicolitica (Karlsson, 1971; Gollnick e Hermansen, 1973). Altri Autori, infatti (Renaud e coll. 1986) conclusero, che i cambiamenti del pH intracellulare, non potevano essere i soli responsabili delle perdite di forza muscolare.

A questo proposito è interessante citare una ricerca di Liesen (1983) ha dimostrato come un giocatore, non in ottime condizioni fisiche, mostri mancanze di natura tattica già a valori di lattacidemia attorno alle 6 — 8 mmol · l-1.,

Dal momento che le carenze di natura tattica rientrano nell'ambito degli aspetti decisionali della prestazione (Sagnol e Bisciotti, 1998), riguardando quindi prettamente l'affaticamento del S.N.C. e considerando che esiste una barriera, che impedisce la diffusione del lattato nel fluido cerebrospinale (Bosco e Viru, 1996) , occorre senz'altro analizzare il fenomeno della fatica, come un elemento multifattoriale (Robert e Smith, 1989).

Iperammonemia e fatica centrale

Un ruolo importante nell'insorgenza dei processi di affaticamento, potrebbe essere imputabile all'aumento della concentrazione ione ammonio (NH4+), nel corso dell'esercizio intenso.

L’ammonio, in condizioni di riposo, è generato principalmente nell’intestino, dai processi di digestione ed entra nella circolazione portale per giungere al fegato.

Nell’uomo, lo ione ammonio, è prodotto nei muscoli scheletrici, durante esercizio, dalla deaminazione dell’Adenosina 5-monofosfato , AMP, ad Inosina 5-monofosfato, IMP, in seguito ad una crescente attività del ciclo purina-nucleotide, catalizzata dall’ AMP deaminase. (Fox e coll. 1995; Roberts e Smith, 1989; Banister e Cameron, 1990 ; Buono e coll., 1984, Bosco, 1997).

L'iperammonemia è anche dipendente da altri fattori come:

  • la deaminazione nei muscoli scheletrici degli aminoacidi, soprattutto quelli a catena ramificata, tipica di prestazioni di endurance di lunghissima durata, quando il metabolismo proteico ricopre anche un ruolo energetico (Lockwood e coll., 1979; Rowell, 1983)
  • un decremento del flusso ematico ai reni, che potrebbe ridurre la captazione renale di ammonio e conseguentemente la sua escrezione attraverso le urine.
  • un decremento del flusso ematico al fegato che potrebbe determinare uno smistamento extraepatico dell’ammonio nella circolazione (Rowell, 1983; Eriksson e coll., 1985; Felig e Wharen , 1971; Katz e coll., 1986)

L’iperammonemia indotta da esercizio fisico è condizionata da diversi fattori, primi tra i quali, la composizione delle fibre muscolari che vengono reclutate in prevalenza durante l'esercizio, nonché l'intensità e la durata dell’esercizio ( Dudley e coll., 1983; Weicker e coll., in corso di stampa; Babij e coll., 1983; Banister e coll., 1983, Buono e coll., 1984; Graham e coll., 1987, Winder e coll., 1974)

La produzione dell’ammonio, infatti, avviene principalmente nelle fibre veloci glicolitiche (Bosco, 1997; Dudley e coll., 1983; Meyer e coll., 1980; Meyer e coll., 1979; Weicker e coll., in corso di stampa) .

Durante l'accumulo dell’ammonio, prodotto durante l' esercizio, il fegato è il primo organo che mostra un progressivo elevarsi dei valori di ammonemia, essendo l’organo maggiormente deputato alla detossificazione, ma, successivamente, anche cuore, muscoli scheletrici, cervello e siero mostrano la stessa tendenza (Singh e Banister, 1978).

Il ruolo svolto dall’ NH4+, è ancora da stabilirsi in maniera definitiva; a livello muscolare, sembrerebbe che agisca sul sarcolemma, aumentando la resistenza della membrana (Heald, 1975), costituendo, in tal modo, un’importante concausa nella perdita di forza dovuta all'insorgenza del fenomeno della fatica. Infatti, quando la concentrazione di NH4+, cresce eccessivamente, all'interno della fibra muscolare tende a ridurre il metabolismo ossidativo, inibendo la piruvato-deidrogenasi (Roberts and Smith, 1989)

Tuttavia sembra che gli effetti negativi della presenza di NH4+, abbiano inizio solamente ad un dato livello di concentrazione, mentre basse concentrazioni di NH4+, contribuirebbero, al contrario, al tamponamento degli H+ prodotti durante un esercizio intenso (Arsenio e Strata, 1995), attraverso crescenti concentrazioni di IMP, tramite il ciclo purino nucleotide, ed attraverso la deaminazione di aspartati ad NH4+ (Mutch e Bannister, 1983).

Tuttavia un eccessivo aumento di NH4+, comporta una stimolazione della fosfofruttokinasi, costituendo in tal modo un aspetto negativo, poiché, in questo caso, si produce una contemporanea inibizione della carbossilazione-piruvato e della decarbossilazione, riducendo, in tal modo, le capacità di rimozione del lattato (Donovan e Brooks., 1983).

L'ammonio può attraversare la barriera ematoencefalica, sia come base libera NH3 , che come ione NH4+ (Cooper e coll., 1973,1979,1987; Raichle e coll., 1981)

L’effetto principale dell’ NH4+ e dell' NH3 sul SNC, è una forte, transitoria e reversibile azione di disturbo (Gjedde e coll., 1978; Hindfelt, 1973).

Un aumentata concentrazione di NH4+ e di NH3, infatti, determina scompensi abbastanza gravi in alcune zone critiche del SNC, che si traducono, per quanto riguarda l’attività fisica, in un abbassamento delle capacità di coordinazione (Bannister e Cameron. 1990; Roberts e Smith, 1989; Buono e coll., 1984).

Sembra inoltre che, gli effetti dell’iperammonemia da esercizio , possano aumentare la deplezione di ATP in regioni critiche dell'encefalo ( Cooper e coll. 1985, 1987; Kvamme, 1983; Much e Bannister, 1983; Hindfelt, 1973).

Un ulteriore effetto dell'iperammonemia da esercizio è costituito dalla sua interferenza sulla produzione di serotonina.

Per capire questo meccanismo, invero alquanto complesso, occorre ricordare che il triptofano, il precursore della serotonina, è un amminoacido che non può venire sintetizzato a livello cerebrale, per questo motivo, la sua unica via di accesso all'encefalo, è costituita dal passaggio attraverso la barriera emato-encefalica. Il passaggio del triptofano attraverso quest'ultima, avviene in maniera competitiva ( ossia utilizzando gli stessi carrier) con gli aminoacidi a catena ramificata (BCAA), i quali, a loro volta, competono con altri aminoacidi a molecola di maggior dimensione (LNAA), per utilizzare i loro carrier, quindi triptofano, BCAA ed LNAA, sono dipendenti dagli stessi carrier per poter passare attraverso la barriera emato-encefalica e giungere nell'area cerebrale.

La frequenza di passaggio con la quale il triptofano può passare la barriera emato-encefalica, dipende dalla concentrazione plasmatica di BCAA, infatti, in caso di carichi di resistenza, i BCAA passano dal torrente circolatorio al muscolo scheletrico in misura maggiore di quanto non avvenga per il triptofano, in tal modo la concentrazione ematica di BCAA si riduce, facendo aumentare, per il triptofano, la possibilità di legarsi ai carrier disponibili.

La quantità di triptofano che è in grado di passare la barriera emato-encefalica quindi, aumenta, a questo consegue una maggior produzione di serotonina, un neurotrasmettitore fortemente implicato nell'insorgenza del fenomeno della fatica, attraverso una reazione catalizzata dall'enzima triptofanidrossilasi.

Durante un carico intenso, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, si registra un consistente aumento dei valori ematici dell'ammoniaca, questo fatto aumenta le capacità dei carrier di tipo L, che, in presenza di un'abbassameto dei valori ematici di BCCA, trasporteranno attraverso la barriera emato-encefalica una maggior quantità complessiva, sia di amminoacidi di tipo LNAA, che di triptofano, aumentando in tal modo la sintesi di serotonina (Cardelli-Cangiano e coll., 1984; Mans e coll, 1983).

Occorre inoltre sottolineare che, l'iperammonemia, causa un aumento della fuoruscita di glutammina (GLN) dall'encefalo, fuoruscita che avviene grazie ai carrier di tipo L, in tal modo viene favorita l'entrata di amminoacidi di tipo LNAA, con un possibile parallelo incremento anche dell'ingresso di triptofano (Mans e coll. 1987).

L'iperammonemia dovuta all'esercizio, sembrerebbe essere quindi, uno dei meccanismi maggiormente responsabili, sia direttamente, che indirettamente, di quella che potremmo definire come la "traduzione della fatica periferica a fatica centrale".

La relazione tra produzione di lattato e di ammonio

Dal momento che i livelli di concentrazione di ammonio a livello ematico, sono strettamente correlati a quelli di lattato e fortemente dipendenti dall'intensità dell'esercizio (Buono e coll., 1984), l'analisi di 60 dati relativi a prelievi simultanei, per la determinazione dei livelli di produzione di lattato ed NH4+ , effettuati su 12 atleti, nel corso di prove di percorrenza sulla distanza di 1000 m effettuate a diverse velocità di corsa, comprese tra il 60% ed il 100% della Velocità Aerobica Massimale , ci ha permesso di mettere a punto un coefficiente di conversione, in base alle diverse concentrazioni ritrovate , su sangue capillare arterializzato, per poter risalire, dai valori di ammonio a quelli di lattato, o viceversa (Bisciotti e coll. 1999).

La relazione, per valori di ammonio compresi tra 39.94 e 100 m mol ·l-1 e valori di lattato compresi tra 2 ed 8mmol ·l-1 è riportata nella figura 48 .

E' possibile risalire dai valori di ammonio a quelli di lattato e viceversa, attraverso la seguente equazione :

Lattato (mmol ·l-1. ) = 0.096 · ammonio (m mol ·l-1 ) - 1.1852

Ammonio (m mol ·l-1 ) = 8.7454 · lattato (mmol ·l-1 ) + 20.248

Figura 1: Correlazione tra i valori di ammonio e lattato riscontrati tramite prelievi paralleli di sangue capillare arterializzato.

Il fatto di poter agevolmente risalire dal valore di ammonio a quello del lattato o viceversa, attraverso un semplice calcolo matematico, permette, a nostro avviso, perlomeno in alcune condizioni non strettamente sperimentali, di poter evitare la problematica del doppio prelievo, abbattendo notevolmente i costi ed i tempi di analisi. Fermo restando il fatto che, tale tipo di calcolo indiretto, non possa sostituire la metodica di rilevazione diretta, quando le condizioni di indagine richiedano un calcolo accurato, e quindi necessariamente diretto, dei due parametri considerati.

E' inoltre interessante sottolineare che, dal momento che la fatica di ordine centrale , comporta un abbassamento del rendimento tecnico e tattico (Liesen,1983), influendo negativamente nell'ambito della sfera decisionale, da un punto di vista prettamente metodologico, l'allenamento incentrato sulla scelta decisionale, in condizioni di fatica centrale, conseguente alla fatica di ordine periferico, come nel caso di aumentata produzione di ammonio, può costituire un interessante metodologia di allenamento delle capacità tecnico-tattiche, soprattutto in alcune discipline specifiche, come ad esempio gli sport di combattimento o quelli di squadra (Sagnol e Bisciotti, 1998).

A questo proposito, alcuni studi (Kuhlmann e Beitel, 1989; Abernethy, 1988), dimostrano chiaramente come, le prestazioni nei compiti di tipo decisionale, migliorino significativamente nei giovani che comincino ad accumulare delle esperienze, nella pratica competitiva in sport situazionali, soprattutto dai 12 ai 15 anni.

Figura 2: Concentrazione di NH3 a riposo e durante esercizio sub-massimale e massimale. (da Bannister e Cameron, 1990, modificato)

 

 

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