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  Prima Pagina
       
   
Argomento:
Fisiologia e biomeccanica
Data:
2004
Testata:
SdS. 60 - 61: 90-96, 2004
 

L’incidenza fisiologica dei parametri di durata, intensità e recupero nell'ambito dell'allenamento intermittente
di Bisciotti Gian Nicola

CRIS, UFR-STAPS Université Claude Bernard, Lyon 1, France

Sommario

Lo scopo del presente studio è stato quello di verificare il coinvolgimento del meccanismo aerobico ed anaerobico lattacido durante un esercizio di tipo intermittente svolto a diverse intensità rispetto alla velocità aerobica massimale. Al presente studio hanno partecipato 15 soggetti ai quali, dopo un test di determinazione della velocità aerobica massimale, è stato richiesto di effettuare un test di corsa intermittente ad una percentale della velocità aerobica massimale pari mediamente al 100%, 105%, 110% e 115%, secondo le seguenti modalità : 10" di lavoro seguito da 10" di recupero passivo, 20" di lavoro seguito da 20" di recupero passivo e 30" di lavoro seguito da 30" di recupero passivo. La produzione di lattato durante il test di corsa intermittente è stata determinata grazie a due prelievi di sangue capillare arterializzato effettuati rispettivamente a metà ed alla fine delle sessioni di corsa previste. In base alla differenza tra la concentrazione di lattato ematico registrata a metà ed alla fine di ogni tipo di test ed all’analisi statistica dei dati è stato possibile classificare i vari tipi di lavoro intermittente studiati come di tipo : "aerobico" (la differenza assoluta tra il valore di lattato registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione era < di 1 mmol . l-1), "blandamente anaerobico lattacido" (la differenza tra il valore di lattato registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione era compresa tra 1 e 2 mmol . l-1). anaerobico lattacido" (la differenza tra il valore di lattato registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione era compresa tra 2 e 3 mmol . l-1) e "fortemente anaerobico lattacido" (la differenza tra il valore di lattato registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione risultava > 3 mmol . l-1).

I dati desunti dal presente studio dimostrerebbero quindi come nel corso di un lavoro di tipo intermittente, variando i parametri di tempo di lavoro, tempo di recupero ed intensità di lavoro, sia possibile variare la risposta adattiva fisiologica all’esercizio.

Parole Chiave : Allenamento intermittente, velocità aerobica massimale, lattato.

Introduzione

Nell’ambito delle esercitazioni rivolte al miglioramento delle caratteristiche aerobiche ed anaerobiche dell’atleta, l’allenamento definito con il termine di "intermittente" ha conosciuto nell’arco degli ultimi anni un interesse sempre maggiore (Colli e coll., 1997; Impellizzeri e coll., 2001). Per lavoro intermittente (IT) si intende un tipo di attività composta da una serie di sforzi la cui durata sia minore di 1’, questa tipologia di esercitazioni differisce dal lavoro intervallato per il fatto che quest’ultimo è composto da una serie di momenti di lavoro la cui durata è compresa tra i 2 ed i 6’ (Åstrand, 1992), anche se occorre comunque ricordare come un particolare tipo di lavoro intervallato, denominato "Friburghese classico" consiste in prove di 200, 300 e 400 metri che, nel caso di un atleta di buon livello prestativo, vengono svolte in tempi minori di 1’ (Van Aaken e Berben, 1971). Entrambi questi tipi di allenamento si pongono in alternativa al lavoro di tipo continuo, inteso appunto come un tipo di attività che sia prolungata nel tempo.

Il principio di base su cui si fonda l’IT è quello di alternare degli sforzi di elevata intensità a fasi di recupero passivo oppure di recupero attivo, durante le quali comunque l’attività sia di bassa intensità (Billat, 2001).

L’IT trova un buon campo applicativo sostanzialmente in tre tipi di attività sportive (Colli e coll., 1997) che sono costituite da :

  1. i giochi sportivi
  2. le prove di mezzofondo la cui durata sia compresa tra i 90" e gli 8’
  3. l’allenamento della forza resistente

L’interesse dell’IT può essere ricondotto a due diversi aspetti. In primo luogo, secondo alcuni Autori, il lavoro di tipo intermittente favorisce un maggior incremento del VO2max , una maggior produzione di lattato ed un maggior tempo trascorso a velocità aerobica massimale (VAM) rispetto ad un lavoro di tipo continuo svolto alla medesima intensità (Gorostiaga e coll., 1991; Billat e coll., 2000). Secondariamente l’IT si rivela essere maggiormente specifico nei confronti del modello prestativo in attività di tipo frazionato come il calcio od il basket (Colli e coll., 1997).

Gli studi condotti sull’IT possono essere suddivisi in due categorie principali. Nella prima ritroviamo tutti gli studi inerenti lavori la cui intensità sia compresa tra il 130 ed il 160 % del VO2max, di una durata che va da un minimo di 15 ad un massimo di 40’’, interrotta da un breve intervallo di recupero, compreso tra i 15 ed i 40’’. Lo scopo di questi studi, che peraltro rappresentano i protocolli maggiormente datati, era quello di stabilire il tempo limite e/o il massimo numero di ripetizioni eseguibili da parte dell’atleta rispettando i diversi criteri di lavoro (Billat, 2001). Nella seconda categoria, in cui ritroviamo gli studi più recenti e numericamente più consistenti, i protocolli di lavoro prevedono l’esecuzione di sforzi massimali di breve durata intervallati da pause più o meno lunghe (da 30’’ a 5’), il cui scopo è quello di stabilire gli eventuali cambiamenti nella produzione di potenza in funzione dei successivi periodi di lavoro, nonché i cambiamenti metabolici indotti nella muscolatura interessata (Billat., 2001).

In questa seconda categoria ritroviamo quindi protocolli di lavoro di tipo "all out", in cui si richiede all’atleta uno sforzo di tipo massimale, di breve durata e reiterato nel tempo. In questi tipi di protocollo tuttavia vi è l’obbiettiva difficoltà per l’atleta nel poter mantenere un’identica velocità in tutte le prove richieste a causa dell’insorgenza del fenomeno della fatica (Impellizzeri e coll., 2001), questo potrebbe comportare una difficoltà nella standardizzazione dell’intensità dello sforzo richiesto dal protocollo di studio stesso. In effetti l’atleta riesce a mantenere un’identica velocità di percorrenza in tutte le prove richieste, solamente se la velocità richiesta non è massimale (Impellizzeri e coll., 2001), questo permetterebbe una maggior standardizzazione dell’intensità di lavoro all’interno del protocollo di studio. E’ ragionevole pensare infatti che diverse intensità di lavoro, sempre in ambito sub-massimale, che prevedano prove la cui velocità sia compresa tra il 65 e l’80% della massima velocità sostenibile sulla distanza oppure sul tempo previsti (in altri termini prove sostenute ad intensità medie comprese tra il 100 ed il 130% della VAM), inducano diverse risposte per ciò che riguarda i meccanismi di ripristino energetico principalmente chiamati in causa durante i diversi tipi di lavoro richiesti. Variando i tre parametri principali che permettono la costruzione di un protocollo di IT, ossia il tempo di lavoro, l’intensità di lavoro, ed il tempo di recupero, sarebbe quindi possibile costruire dei protocolli che incidano maggiormente sul meccanismo aerobico oppure su quello anaerobico lattacido. Questo potrebbe costituire un interessante criterio discriminante nella scelta del tipo di lavoro intermittente da adottare in funzione degli stimoli funzionali ricercati.

Lo scopo di questo lavoro è appunto quello di identificare i meccanismi di ripristino energetico maggiormente sollecitati in funzione della diversa combinazione dei parametri di tempo ed intensità di lavoro e di durata del tempo di recupero utilizzabili.

Materiale e metodi

Soggetti

In questo studio sono stati considerati quindici soggetti la cui età, peso ed altezza erano rispettivamente 23 ± 3 anni (media ± standard deviation) 78.3 ± 5.5 kg e 177.6 ± 5.4 cm. Tutti i soggetti considerati praticavano calcio a livello semi-professionale e durante il periodo dei test tutti continuarono la loro normale attività di allenamento. Nessun soggetto mostrava problemi di tipo muscolare o neuromuscolare. Tutti i soggetti furono informati sullo scopo dello studio e sui possibili rischi ad esso connessi. Inoltre ogni soggetto fornì un consenso scritto relativo alla propria partecipazione alla sperimentazione prima di sottoporsi ad i vari test richiesti.

Protocollo

Test di determinazione della VAM

Ad ogni soggetto è stato richiesto di effettuare una corsa a velocità progressivamente crescente su treadmill (modello Run- race, Technogym, Italy). La velocità di partenza era fissata per tutti gli atleti a 2.5 m . s-1 (9 km .h-1) e veniva progressivamente aumentata di 0.13 m.s-1 (0.5 km .h-1) ogni 60’’ (Brue, 1985). Il consumo di O2 veniva calcolato grazie ad un misuratore di gas espirati (Teem 100, Aero Sport, U.S.A), la misurazione dell’aria espirata era registrata ed integrata ogni 20’’. Inoltre ad ogni soggetto, alla fine di ogni incremento di velocità di corsa, veniva prelevato da un lobo dell’orecchio un campione di sangue venoso arterializzato di 20 microlitri allo scopo di determinare la produzione di lattato. Il campione sanguigno era analizzato ad un analizzatore fotoenzimatico (modello Accusport, Boehringer and Mannheim, Germany).

Veniva considerata come VAM di ogni atleta la velocità alla quale venivano registrati i seguenti parametri (Billat, 1998; Bird and Davison, 1997):

  1. Il raggiungimento della FC massimale teorica
  2. Un quoziente respiratorio > di 1.1
  3. Una produzione di lattato > di 8 mmol . l-1
  4. Il raggiungimento di un plateau nel consumo di O2

Test intermittente

Ad ogni soggetto veniva richiesto di effettuare tre diversi tipi di corsa intermittente, effettuati su di una pista di atletica, in cui il tempo di lavoro ed il tempo di recupero erano rispettivamente di :

  1. 10’’-10’’
  2. 20"-20"
  3. 30"-30"

In ogni tipo di lavoro il recupero era effettuato in forma passiva (atleta fermo sul posto), durante il test il ritmo di corsa veniva dato da un segnale sonoro prodotto da un computer equipaggiato di un programma specificatamente concepito. I tre tipi di lavoro sopra menzionati venivano effettuati a quattro diverse intensità calcolate in base alla VAM di ogni soggetto ricavata dal test di VAM precedentemente descritto. Le quattro intensità medie di lavoro adottate erano pari al 100%, 105%, 110% e 115% della VAM individuale. Le distanze medie percorse in funzione dell’intensità di corsa adottata, i tempi totali di lavoro ed i tempi di prelievo sanguigno relativi ai diversi tipi di IT sono presentati in tabella 1. Ad ogni sessione di test veniva richiesto all’atleta di effettuare un solo tipo di IT, le sessioni di test per ogni atleta erano intervallate da 24 h di recupero. Alla metà ed alla fine di ogni sessione di IT veniva effettuato un prelievo di sangue capillare arterializzato di 20 microlitri dal lobo dell’orecchio che veniva analizzato, al fine di registrare la produzione di lattato grazie ad un analizzatore fotoenzimatico (modello Accusport, Boehringer and Mannheim, Germany). Durante i due giorni che precedevano ogni prova veniva richiesto ad ogni partecipante di astenersi dall’effettuare attività fsiche spossanti ed inoltre di controllare il proprio regime alimentare, cercando, per quanto possibile di standardizzarlo. Prima di ciascuna prova ogni atleta effettuava un riscaldamento standard a base di corsa e stretching della durata di 15’. Ogni atleta effettuava tutte le prove richieste nella stessa fascia oraria (tra le 10:00 e le 13:00) al fine di minimizzare gli effetti delle variazioni di tipo circadiano (Reilly and Brooks, 1986).

Statistica

Per ogni variabile considerata sono stati calcolati gli indici statistici di base (media e deviazione standard), è stata inoltre calcolata, per ogni percentuale di VAM considerata, la differenza aritmetica delle medie dei valori di lattato registrati a metà ed alla fine del test di IT. L’ipotesi di equivalenza tra il valore di lattato registrato a metà test e quello registrato alla fine del test stesso è stata verificata attraverso un test di c 2 (valore osservato contro valore atteso). La significatività statistica è stata posta a p< 0.05.

La magnitudo della differenza tra la produzione di lattato registrata a metà esercizio e la produzione di lattato registrata alla fine dello stesso, è stata calcolata attraverso un test di effect size (ES) utilizzando la seguente formula ( Thomas e coll. 1991):

ES= M1 — M2 / SD

Dove M1 = media del primo risultato, M2 = media del secondo risultato an SD = deviazione standard

Risultati

Il valore di VAM registrato durante il test specifico e stato di 16.5 ± 2.3 km . h-1 , corrispondente ad un valore di VO2 max pari a 58.62 ± 7.76 ml . kg-1 . min-1.

I risultati riguardanti il valore di lattato registrato durante i diversi tipi di test intermittenti effettuati al 100%, 105%, 110% e 115% della VAM, congiuntamente ai valori relativi ai test di c 2 e di ES, sono riportati rispettivamente nelle tabelle 2, 3, 4 e 5.

Intensità media in % della VAM

Modalità di corsa (secondi)

Distanza (metri)

Tempo totale di lavoro (minuti)

Tempo 1° prelievo

Tempo 2° prelievo

100

10"-10"

45.8 ± 6.4

12

6’

12’

100

20"-20"

91.6 ± 12.8

12

6’

12’

100

30"-30"

137.4 ± 19.2

12

6’

12’

105

10"-10"

48.1 ± 6.70

12

6’

12’

105

20"-20"

96.2 ± 13.4

12

6’

12’

105

30"-30"

144.3 ± 20.1

12

6’

12’

110

10"-10"

50.4 ± 7.0

12

6’

12’

110

20"-20"

100.8 ± 14.0

12

6’

12’

110

30"-30"

151.2 ± 21.0

12

6’

12’

115

10"-10"

52.7 ± 7.4

8

4’

8’

115

20"-20"

105.4 ± 14.8

8

4’

8’

115

30"-30"

158.1 ± 22.2

8

4’

8’

Tavola 1: distanze percorse, tempi totali di lavoro svolto e tempi di prelievo sanguigno relativi ai test di IT effettuati alle diverse percentuali della VAM e secondo le tre differenti modalità previste dal protocollo di test.

Modalità di corsa (secondi)

1o prelievo (mmol . l-1)

2à prelievo (mmol . l-1)

Differenza (mmol . l-1)

Significatività statistica

ES

10"-10"

4.94 ± 0.39

5.33 ± 0.33

0.39 ± 0.06

**

0.54

20"-20"

5.02 ± 0.36

5.43 ± 0.29

0.41 ± 0.07

**

0.63

30"-30"

5.24 ± 0.38

5.69 ± 0.31

0.45 ± 0.07

**

0.65

Tavola 2: valori relativi al lattato registrato a metà test (6’) ed a fine test (12’) durante le diverse modalità di corsa effettuate al 100% della VAM. In colonna 4 sono riportate le differenze di produzione di lattato riscontrate tra il 1° ed il secondo prelievo, in colonna 5 è riportata la significatività statistica relativa all’ipotesi di equivalenza ed in colonna 6 è riportato il valore del test di ES.

* p< 0.05; ** p < 0.01; *** p< 0.001

Modalità di corsa (secondi)

1o prelievo (mmol . l-1)

2à prelievo (mmol . l-1)

Differenza (mmol . l-1)

Significatività statistica

ES

10"-10"

5.70 ± 0.51

7.48 ± 1.06

1.78 ± 0.55

n.s.

1.13

20"-20"

6.02 ± 0.50

7.82 ± 1.03

1.80 ± 0.53

n.s.

1.17

30"-30"

6.29 ± 0.61

8.14 ± 1.06

1.85 ± 0.45

n.s.

1.10

Tavola 3: valori relativi al lattato registrato a metà test (6’) ed a fine test (12’) durante le diverse modalità di corsa effettuate al 105% della VAM. In colonna 4 sono riportate le differenze di produzione di lattato riscontrate tra il 1° ed il secondo prelievo, in colonna 5 è riportata la significatività statistica relativa all’ipotesi di equivalenza ed in colonna 6 è riportato il valore del test di ES.

  • p< 0.05; ** p < 0.01; *** p< 0.001.

Modalità di corsa (secondi)

1o prelievo (mmol . l-1)

2à prelievo (mmol . l-1)

Differenza (mmol . l-1)

Significatività statistica

ES

10"-10"

5.71 ± 0.33

7.75 ± 0.40

2.04 ± 0.11

n.s.

2.79

20"-20"

6.20 ± 0.61

8.90 ± 0.65

2.70 ± 0.04

n.s.

2.14

30"-30"

7.37 ± 0.51

10.3 ± 0.69

2.93 ± 0.18

n.s.

2.44

Tavola 4: valori relativi al lattato registrato a metà test (6’) ed a fine test (12’) durante le diverse modalità di corsa effettuate al 110% della VAM. In colonna 4 sono riportate le differenze di produzione di lattato riscontrate tra il 1° ed il secondo prelievo, in colonna 5 è riportata la significatività statistica relativa all’ipotesi di equivalenza ed in colonna 6 è riportato il valore del test di ES.

p< 0.05; ** p < 0.01; *** p< 0.001.

Modalità di corsa (secondi)

1o prelievo (mmol . l-1)

2à prelievo (mmol . l-1)

Differenza (mmol . l-1)

Significatività statistica

ES

10"-10"

5.73 ± 0.35

9.10 ± 0.60

3.37 ± 0.25

n.s.

3.54

20"-20"

6.44 ± 0.51

10.52 ± 0.80

4.08 ± 0.29

n.s.

3.11

30"-30"

8.64 ± 0.49

13.16 ± 0.95

4.52 ± 0.46

n.s.

3.13

Tavola 5: valori relativi al lattato registrato a metà test (4’) ed a fine test (8’) durante le diverse modalità di corsa effettuate al 115% della VAM. In colonna 4 sono riportate le differenze di produzione di lattato riscontrate tra il 1° ed il secondo prelievo, in colonna 5 è riportata la significatività statistica relativa all’ipotesi di equivalenza ed in colonna 6 è riportato il valore del test di ES.

p< 0.05; ** p < 0.01; *** p< 0.001.

Discussione

Il livello di concentrazione di lattato ematico [ Las] , è sempre stato considerato uno degli indici principali nell'ambito del controllo e della pianificazione dell’allenamento di resistenza organica , tuttavia alcuni aspetti legati a questo parametro fisiologico , come ad esempio il concetto di soglia anaerobica, sono stati recentemente oggetto di numerose discussioni ( Yeh e coll., 1983; Brooks, 1985; Hughson e coll., 1987; Di Prampero e coll., 1998 ). Correntemente la SA è definita come l’intensità di lavoro alla quale la produzione di lattato ematico si stabilizza a 4 mmol . l-1 ( Heck e coll., 1985), fermo restando che quest’ultima possa essere determinata anche con mezzi indiretti come la relazione intercorrente tra il consumo di O2, l’intensità del lavoro effettuato e la velocità da un lato e la produzione di CO2 , la frequenza cardiaca oppure la ventilazione polmonare dall’altro. Il concetto di SA suggerisce quindi il fatto che, al di sopra di tale intensità di lavoro, l’organismo debba ricorrere massicciamente al sistema anaerobico lattacido quale principale fonte di ripristino energetico. Tuttavia il concetto di SA legato alla stabilizzazione della produzione di lattato a 4 mmol . l-1 è fortemente criticabile (Di Prampero e coll., 1998). In effetti alcuni lavori sperimentali ( Pinto Ribeiro e coll., 1986) hanno dimostrato come, durante un lavoro svolto ad un’intensità pari alla SA, la produzione di lattato, dopo un primo picco iniziale, si stabilizzi ad un valore che può essere anche superiore a quello di 4 mmol . l-1 e tenda a restare tale sino alla fine dell’esercitazione stessa. In questo caso la totale "aerobicità" dell’esercizio verrebbe comunque dimostrata dal valore del quoziente respiratorio che rimane allo stesso livello osservato durante lavori svolti ad intensità inferiori, durante i quali la [ Las] era compresa tra 2 e 3 mmol . l-1. Per questo motivo, la costanza della [ Las] , seppure ad un valore superiore rispetto a quello classicamente adottato per la definizione della SA, dimostrerebbe lo stato di aerobicità organica globale al quale l’esercizio viene effettuato (Di Prampero e coll., 1998). Il fatto che la [ Las] possa stabilizzarsi a livelli relativamente più elevati rispetto alle classicamente accettate 4 mmol . l-1, implica di per se la maggior produzione di lattato da parte di alcune fibre, verosimilmente le fibre di tipo FT, e la metabolizzazione del medesimo da parte di altre fibre muscolari, presumibilmente di tipo ST. Questo meccanismo permetterebbe di mantenere un equilibrio tra la produzione di lattato ed il suo smaltimento ed in ultima analisi consentirebbe lo svolgimento dell’esercitazione in un regime di equilibrio aerobico.

Questo concetto, oltre che nel caso del lavoro continuo, può essere adottato anche nel caso di un IT, durante il quale il mantenimento o meno di un equilibrio tra produzione e smaltimanto di lattato, può essere adottato come criterio discriminativo della aerobicità o meno dell’esercitazione stessa. In altre parole un esercitazione che mantenga, dopo un primo picco di incremento (Pinto Ribeiro e coll., 1986), una [ Las] stabile, indipendentemente dal valore assoluto di quest’ultima, può a tutti gli effetti essere considerato come un’esercitazione di tipo aerobico, al contrario il verificarsi di un progressivo aumento di [ Las] , starebbe ad indicare il pieno coinvolgimento dei processi anaerobici lattacidi quale meccanismo precipuo di resintesi energetica (Pinto Ribeiro e coll., 1986; Di Prampero e coll., 1998). Sempre a questo proposito, Heck e coll. (1985) proposero di fissare al valore di 1 mmol . l-1 la massima differenza tra i livelli di [ Las] registrati ad inizio e fine esercizio, stabilendo che al di là di tale valore l’esercitazione fosse classificabile come anaerobica lattacida. I dati ritrovati nel presente studio dimostrerebbero che tale equilibrio tra smaltimento e produzione di lattato, che testimonierebbe appunto la completa "aerobicità" dell’esercizio, è ritrovabile solamente nel corso dell’ IT effettuato ad un intensità pari al 100% della VAM, indipendentemente dalla modalità di esecuzione richiesta (10"/10" , 20"/20" oppure 30"/30"). Tale stato d’equilibrio non sarebbe più osservabile già a partire da esercitazioni svolte al 105% della VAM seppure con tempi di lavoro ridotti (10"/10"). Tuttavia sarebbe, a nostro avviso, non propriamente corretto, definire genericamente come "anaerobiche lattacide" tutte le esercitazioni durante le quali questo stato di equilibrio non venga più rispettato. Al contrario ci sembra più razionale, soprattutto ai fini metodologici dell’allenamento, cercare di gerarchizzare questo stato di "disequilibrio", in modo da poter definire con maggior accuratezza il grado d’intervento del meccanismo anaerobico lattacido durante l’esercitazione stessa. In questo senso, in base ai valori del test di ES effettuato, proniamo la seguente classificazione:

  • per valori di ES < di 1 il tipo di esercitazione viene definito di tipo "aerobico", come viene d’altronde anche confortato dalla significatività statistica dell’ipotesi di equivalenza tra il valore di [ Las] registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione. Inoltre, è importante sottolineare come i valori registrati a questo livello d’intensità di lavoro, siano perfettamente in accordo con la teoria proposta da Hech e coll. (1985), in questo caso infatti la differenza assoluta tra il valore di [ Las] registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione è < di 1 mmol . l-1).
  • per valori di ES compresi tra 1 e 2 l’esercitazione viene classificata come di tipo "blandamente anaerobico lattacido", (la differenza tra il valore di [ Las] registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione è compresa tra 1 e 2 mmol . l-1).
  • per valori di ES compresi tra 2 e 3 l’esercizio è definibile come "anaerobico lattacido" (la differenza tra il valore di [ Las] registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione è compresa tra 2 e 3 mmol . l-1).
  • infine per valori di ES > di 3 l’esercitazione è classificabile come "fortemente lattacida" (in quest’ultimo caso la differenza tra il valore di [ Las] registrato a metà ed alla fine dell’esercitazione risulta > 3 mmol . l-1).

Adottando questo criterio di classificazione è possibile ricondurre nelle quattro categorie suddette tutti i tipi di IT contemplati dal protocollo di studio come riportato nella tabella 6.

Intensità media in % della VAM

Modalità di corsa (secondi)

Classificazione dell’esercitazione

100

10"-10"

Aerobico

100

20"-20"

Aerobico

100

30"-30"

Aerobico

105

10"-10"

Blandamente anaerobico lattacido

105

20"-20"

Blandamente anaerobico lattacido

105

30"-30"

Blandamente anaerobico lattacido

110

10"-10"

Anaerobico lattacido

110

20"-20"

Anaerobico lattacido

110

30"-30"

Anaerobico lattacido

115

10"-10"

Fortemente anaerobico lattacido

115

20"-20"

Fortemente anaerobico lattacido

115

30"-30"

Fortemente anaerobico lattacido

Tavola 6: classificazione dei diversi tipi di IT osservati in base al valore del test di ES effettuato.

I dati desunti dal presente studio dimostrerebbero quindi come la risposta fisiologica all’IT sia, come d’altronde già sottolineato da altri Autori ( Christensen e coll., 1960), fortemente sensibile alla ratio tra tempo di lavoro e tempo di recupero, oltre che naturalmente all’intensità del lavoro richiesto. Agendo quindi su questi tre parametri, intensità di lavoro, tempo di lavoro e tempo di recupero, è possibile cambiare totalmente l’impatto fisiologico dell’esercitazione stessa, sollecitando diversi meccanismi fisiologici ( sistema aerobico o anaerobico lattacido) oppure variando l’intensità d’intervento del meccanismo anaerobico lattacido. La risposta organica adattiva all’esercizio può essere quindi completamente diversa a parità di alcuni parametri considerati, come avviene ad esempio in un IT 10"-10" effettuato al 100% ed al 115% della VAM, nel primo caso l’esercitazione è classificabile come "aerobica", mentre nel secondo caso diverrebbe "fortemente anaerobica lattacida". Questi dati ci fanno chiaramente intendere come, ai fini di un’ottimale programmazione metodologica dell’allenamento di resistenza organica che preveda l’utilizzo dell’IT come mezzo di lavoro, divenga imperativo conoscere i diversi effetti fisiologici e quindi le differenti risposte organiche adattive, conseguenti alla variazione dei parametri di intensità di lavoro, tempo di recupero e tempo di lavoro adottati.

 

Bibliografia

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